Roma - La settimana delle buona intenzioni doveva durare fino a domenica, giorno dell’atteso intervento di Fini a Mirabello. E invece se ne va in frantumi già di giovedì mattina, dopo l’ennesima esternazione del Colle e i segnali niente affatto incoraggianti dei finiani sul processo breve. D’altra parte, ragiona Berlusconi in diversi incontri a Palazzo Grazioli, «è da oltre un anno che dico che Fini pensa solo a come farmi fuori» e «non so come qualcuno abbia potuto credere di trovare una mediazione». Voglio che questo, è il senso delle sue parole, «sia chiaro a tutti». Insomma, un vero e proprio monito a quelle colombe che ancora caldeggiano la via della diplomazia.
L’ultima uscita di Napolitano, infatti, secondo il Cavaliere mette il timbro su quella che da tempo è una sua convinzione: il Quirinale stia giocando di sponda con la presidenza della Camera per logorare Palazzo Chigi. Altrimenti, spiega un ministro molto vicino al premier, non si spiegherebbe perché per la seconda volta in due giorni il capo dello Stato abbia riservato al premier battute tra l’ironico e l’irridente (ieri si è proposto di «passare la voce» per trovare un nuovo ministro dello Sviluppo). E se fino ad oggi dal Pdl non s’è alzata ancora una critica nei confronti del Colle è perché c’è in ballo il ddl sul processo breve. E perché la partita si sta giocando anche sul piano della comunicazione visto che i due contendenti sono tutti presi a scaricare uno sull’altro la responsabilità della rottura. Potessero se le darebbero di santa ragione, invece sono costretti al gioco del cerino.
A Palazzo Grazioli, dunque, sono in molti a vedere nel silenzio di Fini e nella parlantina di Napolitano una sorta di manovra a tenaglia. Che punta a chiudersi sul processo breve, visto che il Fli non nasconde le sue perplessità e il Colle le lascia trapelare senza timori. Sarà anche per questo che durante una delle riunioni il Cavaliere si lascia sfuggire uno sfogo sibillino: «Del processo breve non mi importa nulla... Ora le chiacchiere stanno a zero, si va in Parlamento e ci si conta». E il banco di prova saranno i cinque punti programmatici buttati giù da Bonaiuti (salvo quello sulla giustizia) sui quali, spiega il sottosegretario, «si voterà e si misurerà la volontà di tutti». Punti tra i quali c’è anche la riforma della giustizia con tanto di processo breve. Argomento di cui hanno parlato il Guardasigilli Alfano e Napolitano in un faccia a faccia al Quirinale.
Sfoghi a parte tra le ipotesi sul tavolo del premier ci sono solo alcuni ritocchi: che la norma possa essere applicata solo ai reati ante 2006 (per ridurre il rischio che saltino migliaia di processi) e soltanto per alcune fattispecie. E la lista potrebbe essere quella dell’indulto del 2006 di Prodi, giusto per mettere a tacere Pd e finiani che agitano la bandiera dell’allarme sociale e delle carceri vuote. Napolitano però - nonostante ci tenga a ripetere che l'iter delle leggi non lo riguarda - sembra abbia congedato Alfano in modo a dir poco freddo. Arrivederci e grazie. Alla conta, però, ci si arriverà. Con il processo breve incardinato nella riforma della giustizia e con una parola d’ordine: o si vota tutto o niente. E per Fini sarà un problema sfilarsi perché rischia di entrare alla verifica con 43 parlamentari e uscirne con molti di meno. Non solo ministri, viceministri e sottosegretari - che difficilmente potrebbero spiegare il «no» alla fiducia - ma anche semplici deputati.
Sarà un caso, ma sembra che il premier abbia offerto lo Sviluppo economico al finiamo Baldassari, senatore e presidente della commissione Finanze. E il suo problema ad accettare non sarebbe tanto Fini quanto il difficile rapporto con Tremonti. Detto questo, il premier è pronto a qualsiasi evenienza. Anche perché i calcoli di Ghedini gli danno una boccata d’ossigeno spostando l’eventuale sentenza Mills - nel caso la Consulta bocci il legittimo impedimento - a fine 2011. Insomma, non a cavallo di una possibile campagna elettorale per votare a marzo.
Ipotesi che Bossi e Verdini dicono di non vedere ma che è certamente sul tappeto se ieri a via dell'Umiltà si è andati avanti con la riorganizzazione del Pdl. Tanto che sono iniziate a circolare le liste per il reclutamento dei sostenitori per aprire una sezione in ognuna delle 60mila circoscrizioni. Una macchina elettorale che servirebbe solo nel caso di voto anticipato.