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«Basta primarie tra oligarchi Per cambiare classe dirigente seguano l’esempio di Renzi»

RomaProprio ieri - prima delle clamorose dimissioni di Veltroni - aveva scritto su Il Riformista che l’attuale gruppo dirigente del Pd era al capolinea e l’unico modello da seguire era quello di Matteo Renzi, il giovane trionfatore delle primarie di Firenze. Andrea Romano, capo della saggistica dell’Einaudi, editorialista del quotidiano di Antonio Polito, quel partito lo conosce bene, e lo racconta da anni. Oggi che la sua analisi si è avverata avverte: «Cambiare leader non basta, devono cambiare il metodo e la classe dirigente, sennò il centrosinistra continuerà a perdere».
Romano, che partita si apre nel Pd?
«Vorrei capire se l’addio di Veltroni è definitivo, e apre una nuova fase, o se prelude a un nuovo tentativo».
Lei quale ipotesi preferisce?
«Sicuramente la prima. Si deve chiudere una volta per tutte la contrattazione permanente che ha paralizzato il Pd».
Perché?
«L’elezione di Veltroni era espressione di un patto oligarchico di mutua tutela, fra i dirigenti dei due partiti fondatori».
Spieghi meglio.
«Ricorda Fassino?: “Veltroni non è il più bravo di noi, solo quello che ha meno ferite”... Non era un buon viatico».
Adesso le ferite le ha pure lui...
«Ma il problema degli oligarchi resta».
Bersani non appartiene a quel gruppo.
«Penso che le sue ambizioni siano legittime. Però la frase che D’Alema ha usato, dicendo che ha fatto male a non autorizzarlo a candidarsi alle primarie contro Veltroni è inquietante».
Perché?
«Perché quelle primarie erano finte: tutti sapevano già che le vinceva lui».
Cosa voleva, il bagno di sangue?
«Ma le primarie sono un bagno di sangue! Guardi Obama. Ha lottato senza esclusione di colpi, e proprio per questo ha affermato una leadership vera».
È quello che lei chiama il modello Renzi?
«Esatto. Anche a Firenze c’era un candidato del vertice che è stato cancellato. Ora Renzi può diventare sindaco».
Che bilancio fa della segreteria Veltroni?
«È stata una promessa di cambiamento non mantenuta».
Ad esempio?
«Al Lingotto parlava di riformismo, nuovo welfare, vocazione maggioritaria».
E poi?
«Le riforme sono scomparse, il tasso di riformismo si è acconciato ai riflessi degli oligarchi, la vocazione maggioritaria è diventata alleanza mortale con Di Pietro».
Anche Obama cambia idea, a volte.
«Sì, è vero. Ma lo fa solo raramente, e sempre con un percorso coerente».
Veltroni no?
«Allora, tutti abbiamo la memoria corta: ma nel 2003, a Pesaro, Veltroni era il leader del Correntone, l’ala sinistra del Pds. Poteva in soli quattro anni diventare il leader dell’ala riformista?».
È accaduto.
«Però non si possono fare tutti i panni in commedia, e infatti il partito è incorso nel suo difetto fatale.
Quale?
«La mancanza di credibilità. Il culmine è stata toccato con la sconfitta negata».
Quella delle politiche?
«Già. Fino a 24 ore fa, Veltroni ci raccontava che quello era il miglior risultato possibile; che il Pd era fichissimo, e che aveva vinto le elezioni al pari di Berlusconi».
Diceva che per un partito appena nato era un buon risultato.
«E invece era una sconfitta innegabile. Se l’avesse ammessa allora, facendone seguire un’analisi seria si sarebbe potuto salvare. Negando è arrivato al crollo».
Vediamo i nomi dei possibili successori. Che le pare di Cuperlo?
«Persona degnissima. Però... ».
Cosa?
«Io credo che debba cambiare il metodo. Se Cuperlo vuole correre deve scendere in campo ora. Stesso discorso per Zingaretti: crede che sia il suo momento? Annunci da subito la sua candidatura alle primarie, così come Bersani».
Tutti nel Pd dicono: non si possono fare le primarie alla vigilia delle europee.
«Chi pensa che di qui alle europee il Pd possa vincere, no? Allora usi questo tempo per trovare una leadership forte».
Ed Enrico Letta?
«Vale anche per lui. Si misuri. Quello che non può più accadere è che si corra solo se si è garantiti. Renzi ha costruito la sua vittoria sulla confutazione di questo teorema. Loro sono in grado di farlo?».
Vuole il bagno di sangue allora...
«Bisogna aprire porte e finestre a una competizione vera. Altrimenti si continua a perdere, è inevitabile».
Sia sincero, lei non considera realmente nessuno di questi candidati.
«In realtà penso un’altra cosa. Che serva uno estraneo alla mentalità usata fino ad oggi: come ragionava Veltroni? Con l’idea che in ogni caso si deve trovare un accordo fra i maggiorenti».
È così in tutti i partiti, o no?
«A sinistra non funziona più. La generazione che pensa così deve andare a casa».
Ma lei un candidato ce l’ha?
«Gliel’ho detto. Uno come Renzi. Deve essere uno che è nato politicamente dopo l’avvento di Berlusconi, così come Obama è nato dopo l’era Bush».


Perché?
«Perché l’unica cosa che non deve mai pensare è che ci sia un modello del passato a cui tornare».

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