La lettera del prof. Stella richiederebbe una risposta dettagliata per la quale non ho spazio. Mi limiterò a enunciare alcuni punti, ignorando gli insulti. Peraltro ho abbastanza anni da non farmi impressionare dai riferimenti alle «autorità».
1) So benissimo che i Dsa non sono definiti una «malattia». Ma nel momento in cui si demanda per legge la loro diagnosi al Ssn si conferisce automaticamente tale statuto. A meno che non si ritenga che il Ssn si occupi di ogni condizione, il che configura un brutto andazzo, quello che in tanti deploriamo come il processo di medicalizzazione dellintera società. Consiglio al riguardo di leggere il recente libro di un medico: M. Bobbio, «Il malato immaginato» (Einaudi). E inviterei il prof. Stella a leggere gli scritti degli anni trenta del clinico fascista Banissoni per rendersi conto di dove si arrivi quando si persegue lidea di allargare la funzione della medicina oltre la cura delle malattie e investire la scuola.
2) Per capire chi fa confusione il prof. Stella dovrebbe guardare altrove. Ovvero tra chi definisce i Dsa nei modi più svariati e spesso contraddittori tra di loro, ora escludendo fattori funzionali, come si fa nel ddl, ora parlando addirittura di «diversità» rilevate con la risonanza magnetica. Al riguardo, il prof. Stella mi lascerà il diritto di nutrire poca considerazione per chi riduce i processi mentali a una mera problematica di neuroscienze.
3) Mettere sotto un unico acronimo cose tanto diverse come la dislessia - lunica cosa seriamente accertata del quartetto - e altri disturbi di natura diversissima e di vaga definizione, è discutibile, per essere gentili, sotto il profilo della metodologia scientifica.
4) È facile demagogia mettermi nel mazzo di chi evacua il problema parlando di bambini pigri, asini o peggio. Al contrario, so benissimo che le difficoltà di apprendimento esistono. Ma penso che ne vada rispettata la natura diversificata e ne vadano esplorate le molteplici cause; e che sia un dovere morale - proprio per rispettare quelle giovani persone - mettere in opera tutti gli adeguati strumenti didattici, pedagogici, e di relazione tra insegnante e famiglia, prima di ridursi a considerarli un disturbo neurologico, e a etichettarli sotto un acronimo che marchia in modo indelebile una «diversità» e per giunta previa «diagnosi» del Ssn.
Potrei diffondermi a lungo su tutte le strategie che potrebbero essere messe in opera circa le difficoltà di calcolo mentale (a cominciare dalle disastrose forme di atrofia mentale indotte da teorie fasulle che incitano a evitare l'esercizio di questa facoltà prima dei sei anni), e forse anche il prof.
Per il resto stia tranquillo. Io penso liberamente e quel che penso il ministero non è minimamente tenuto a seguirlo.
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