Politica

«Basta tolleranza, sì a misure speciali»

Francesco Kamel

da Roma

Maurizio Gasparri, vicepresidente del comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti (Copaco), invoca contro il terrorismo «misure speciali» per «dichiarare guerra a chi ci vuole fare guerra» e mette in guardia sul fatto che «la tolleranza e il rispetto non possono divenire il pretesto per lasciare spazio alle infiltrazioni terroristiche».
Onorevole Gasparri, ha detto che è «tempo di decisioni drastiche». Quali misure ha in mente?
«Ci vogliono controlli a tappeto su tutti i focolai potenziali del terrorismo. Ci vuole più severità nel contrasto all'immigrazione clandestina con la possibilità di ricorrere all'espulsione in maniera più rapida e decisa. Inoltre è necessario investire più risorse economiche e ricorrere ad un maggior impiego delle forze armate in modo da spostare uomini delle forze dell'ordine sul piano investigativo».
Si devono cambiare le norme del codice penale sul terrorismo internazionale?
«Si avverte la necessità di maggiore fermezza e si deve cambiare la legislazione in senso più restrittivo. E poi se ci sono norme equivoche devono essere cambiate».
Le comunità musulmane si sentiranno perseguitate...
«Assolutamente no. Non dobbiamo criminalizzare tutti: ci sono tante brave persone che vogliono solo lavorare e vivere in pace e poi ci sono i fondamentalisti. Io dico che deve cambiare l'atteggiamento contro i fondamentalisti: gli intolleranti non possono essere tollerati. Ho letto una lucida analisi di Magdi Allam che è persona intelligente e insospettabile. Come Allam lamento l'eccesso di tolleranza verso certi atteggiamenti e verso certe persone. A volte si sono scambiati dei propagandisti del fondamentalismo per dei personaggi dell'Hyde Park. Non è più possibile dare spazio a gente del genere. Mi rivolgo anche a chi fa informazione: è un delirio dare un microfono a queste persone».
Ha fatto un richiamo forte ai valori dell'Occidente.
«Dobbiamo difendere i nostri valori ma anche le scelte compiute. È giusto attaccare gli “Stati canaglia” come l'Afghanistan, è stato giusto cacciare Saddam Hussein e ora è giusto aiutare gli iracheni a costruire una democrazia».
La pensa come Oriana Fallaci...
«Non sono mai stato un entusiasta della Fallaci perché ricordo negli Anni ’70 il suo atteggiamento aggressivo contro la Destra. La Fallaci ai tempi esaltava una logica di discriminazione contro di noi mentre ci ammazzavano. Preferisco un altro tipo di analisi».
Che pensa di un ministero per l’Antiterrorismo?
«Il ministro dell'Interno deve avere la titolarità e la responsabilità unica della sicurezza. Un altro dicastero sarebbe inutile. È invece opportuno riflettere su una direzione nazionale o su una Superprocura. È infatti indubbio che si debba favorire una specializzazione dei magistrati. Basta con i “magistratini” che trattano delle materie delicate senza esserne all'altezza».
Su una legislazione più repressiva ci sarà il consenso dell'opposizione?
«Mi auguro di trovare una convergenza. Spero nel buonsenso di alcune personalità del centrosinistra. Al Copaco siamo in otto e lavoriamo con forte senso di responsabilità. Ma bisogna vedere in Parlamento. Nel centrosinistra ci sono alcuni settori responsabili ma ci sono altri che fanno politica dissennatamente e che arrivano a conclusioni analoghe a quelle dei fondamentalisti».
Il centrosinistra sull’Irak ha al suo interno almeno tre posizioni differenti...
«Una coalizione che aspira a governare il Paese deve avere una politica estera. Ma il centrosinistra non è unito su nulla. Il collante che li tiene uniti è solo l'antiberlusconismo. Per questo ci sono tante ambiguità».
Che pensa dell’atteggiamento del centrosinistra sul fondamentalismo islamico?
«Non è possibile che il centrosinistra come al tempo del terrorismo brigatista ci metta tanto tempo a comprendere il fenomeno e a comportarsi di conseguenza. Nelle Br fino a un certo punto si parlava di “infiltrarti dei servizi” poi, dopo l'uccisione di Guido Rossa, hanno iniziato a parlare di “compagni che sbagliano”. Allora ci hanno messo troppo tempo. Adesso non ce lo possiamo permettere».
Dopo la Spagna, anche l’Italia rischia un «attentato elettorale» per influenzare l’opinione pubblica?
«Mi auguro che non accada. Ma purtroppo l'esperienza è che grazie alla presenza consolidata di fondamentalisti nelle nostre società, ci sia il pericolo di un'irruzione del terrorismo nella vita politica del Paese.

Zapatero ovviamente non c'entra nulla, ma l'attentato di Madrid è stato condizionante e ha spostato l'esito delle elezioni».

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