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Battaglia contro i talebani. Ucciso un paracadutista italiano

La vittima è David Tobini, 28 anni. Altri due militari colpiti, uno di loro è in gravi condizioni

Una furiosa battaglia scoppiata poco prima dell’alba e durata diverse ore, con i talebani che aspettavano al varco i paracadutisti italiani. L’intervento degli elicotteri d’attacco Mangusta e dei caccia bombardieri alleati, che hanno colpito gli insorti dal cielo. In una mattinata di guerra in Afghanistan è caduto il caporal maggiore dei paracadutisti David Tobini, 28 anni. Durante i combattimenti sono rimasti feriti altri due parà. Il caporal maggiore Simone D’Orazio è stato colpito al petto e le sue condizioni sono critiche.

Neanche a farlo apposta l’ennesimo tributo di sangue italiano in Afghanistan precede di poche ore la votazione in Parlamento sul rifinanziamento delle missioni all’estero. I paracadutisti del 183° Reggimento Nembo, assieme alle forze di sicurezza afghane, dovevano perquisire il villaggio di Khame Mallawi, nella valle di Bala Murghab. A 10 chilometri dalla base avanzata Columbus sul fronte nord dello schieramento italiano di 4200 uomini. L’obiettivo era scovare armi e trappole esplosive, che fanno saltare in aria i convogli della Nato. I poliziotti afghani cercavano pure un comandante locale, via di mezzo fra boss degli insorti e signore della droga. Il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, ha dichiarato che i soldati italiani e le forze afghane avevano compiuto «positivamente» la missione, quando è scoppiato l’inferno. Alle 4.15 di ieri, nel buio che precede l'alba, la colonna ha subito un primo attacco con armi leggere e lanciarazzi Rpg. I paracadutisti erano in parte appiedati ed il caporal maggiore Tobini è stato fulminato da un proiettile alla testa. Nel primo attacco è rimasto gravemente ferito al petto anche il caporal maggiore D’Orazio.

«I paracadutisti hanno cominciato a manovrare per contrastare la minaccia - racconta il portavoce del contingente, maggiore Marco Amoriello - e sganciarsi dall’area sotto il fuoco degli insorti». La battaglia, però, non era ancora finita. «Dopo aver cercato riparo in alcune case, i militari sono stati attaccati nuovamente da altri insorti» ha spiegato il ministro della Difesa. I talebani del secondo attacco si annidavano in alcune abitazioni. Spesso trasformano i villaggi in roccaforti con feritoie e postazioni trincerate. Durante la seconda ondata di fuoco è stato ferito al gomito il caporal maggiore Francesco Arena.

Dalla base italiana di Bala Murghab sono entrati in azione i mortai da 120 millimetri. I paracadutisti sotto tiro hanno chiesto l’appoggio aereo. Nella valle della provincia di Badghis sono piombati quattro elicotteri Mangusta, oltre ad un caccia francese ed uno americano, che hanno bombardato. La battaglia è andata avanti per gran parte della mattinata. I parà hanno allargato del 50% la bolla di sicurezza verso nord, in direzione del confine con il Turkmenistan. L’obiettivo è «liberare» la Lithium, una pista che porta all’ex repubblica sovietica per costruire uno strategico gasdotto che arriverà in Pakistan ed India. Il problema è che la via del Turkmenistan viene usata per contrabbandare l’oppio, che serve ai talebani locali per armarsi. In questo ginepraio ha trovato la morte la terza vittima italiana in Afghanistan in appena un mese. La famiglia di Tobini vive in una frazione di Roma. Diplomato nel 2001 «la sua vita era per l’esercito - raccontano gli amici - e tifava per la Lazio». Il caporal maggiore era appassionato degli Oasis, giocava a Risiko e seguiva la trasmissione Report, secondo Facebook. La salma rientrerà domani in Italia. La famiglia di D’Orazio, il parà in gravi condizioni, vive a Roccaraso, in provincia de L’Aquila. Arena, il ferito leggero, è padre di un bimbo di un anno e ieri ha telefonato ai genitori nel viterbese. Dusolina, un’amica della famiglia Tobini, che ha perso il figlio sulla prima linea afghana, è sbottata: «Questa doveva essere una missione di pace ma ci sta portando via i nostri ragazzi. Portateli via da lì». I parà saluteranno il loro ultimo caduto gridando «Folgore» e reciteranno la loro preghiera. Molti si sono tatuati le sue parole più forti sul braccio: «Se è scritto che cadiamo sia!».

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