Battisti rifugiato, i dissidenti cubani no

La stampa carioca ironizza sul metodo Lula: atleti in fuga da Fidel subito estradati, l’ex Pac invece...

Battisti rifugiato, i dissidenti cubani no

nostro inviato a Rio de Janeiro

Due pugili e due misure. Come ironicamente rimarcava il quotidiano O Globo qualche giorno fa, ormai nella politica schizofrenica del governo Lula su questioni identiche si usano pesi e valutazioni differenti. «Se atleti cubani vogliono restare nel paese per salvarsi dallo stalinismo tropicale di Fidel – scrive il giornale di Rio - questi vengono arrestati e collocati nel primo aereo e rimandati nell’isola. Se l’esiliato è invece Cesare Battisti, ex militante dell’estrema sinistra italiana, ne deriva che l’autorità politica faccia il possibile affinché non sconti la pena della prigione perpetua stabilità dalla giustizia italiana per quattro omicidi».
Il doppiopesismo del lulismo d’antan trova la sua massima espressione in una vicenda a dir poco imbarazzante se raffrontata con quella del criminale italiano la cui estradizione è stata negata d’imperio dall’ex presidente del Brasile. Andate a quattro anni fa. C’è grande attesa per i Giochi Panamericani organizzati dal Brasile. Esattamente il 21 luglio del 2007, però, due giovani boxeur, tra i più promettenti della rinomata scuola cubana, spariscono. Di Erislandy Lara e Guillermo Rigoneaux si perdono le tracce. Nessuno sa che si sono andati a nascondere a Praia Seca, località balneare poco distante da Rio. Non ci vuol molto a capire l’origine e i motivi della defezione. Non a caso il quotidiano di partito cubano Granma fa trapelare il disappunto dell’entourage di Fidel per una possibile autorizzazione all’asilo politico da parte dell’esecutivo di Lula. Il silenzio del governo di Brasilia accentua ancora di più l’ormai imminente crisi diplomatica fra due paesi amici. L’imbarazzo cresce quando una tv tedesca sottopone ai due pugili, desiderosi di continuare la carriera in Europa, un contratto in esclusiva per cinque anni. L’Avana risponde con ritorsioni striscianti e quando il 2 agosto la coppia di atleti viene fermata dalla polizia federale carioca perché non in possesso dei documenti d’identità, si capisce che tra Ignazio e Fidel tornerà presto il sereno. Già perché nel giro di 48 ore Rigondeaux (due volte campione mondiale e olimpico) e Lara finiscono in stato di fermo. Marcati stretti. Guardati a vista. La tragedia si trasforma in comica. Secondo i comunicati ufficiali delle autorità di polizia, infatti, i due pesi leggeri avrebbero rifiutato di loro sponte la concessione della richiesta d’asilo politico perché fermamente intenzionati a tornare prima possibile nella loro amata Cuba. Di rimbalzo il è Barbudos a garantire urbi et orbi che i pugili verranno trattati bene perché non c’è motivo di trattarli male, e che di spedirli in cella non se ne parla. Tanto basta al ministro della giustizia brasiliano Tarso Gerno (lo stesso che straparla di diritti umani negati in Italia al suo amico Cesare Battisti) per convincersi ad autorizzare l’immediato rientro in patria dei due birbantelli. «Lo hanno chiesto loro con insistenza e veemenza», dice il Guardasigilli. Il tempo di sbrigare le pratiche per evitare l’intervento delle organizzazioni per i diritti umani e Lara e Rigoneaux «vengono caricati in tutta fretta su un aereo messo a disposizione – come rivelato in tempi non sospetti da Edoardo Pacelli dell’associazione Italia-Amiga - da un altro mostro della democrazia che risponde al nome di Hugo Chavez, e rispediti alla loro dolce casa». Ovviamente nessuno crede alla favola raccontata in conferenza stampa dall’ex guerrigliero diventato ministro. E la dimostrazione arriva qualche mese più tardi quando Erislandy Lara, evidentemente stufo della bellissima vita condotta nell’isola democratica, scappa di nuovo. Segue la via intrapresa dall’amico Rigoneaux. Nella notte salta su un motoscafo e sconfina in Messico. Da qui passa negli Usa.

Col patentino di rifugiato ricomincia la sua carriera professionistica, non prima d’aver precisato ai giornalisti di mezzo mondo che mai, né lui né il suo compagno di ring, avevano richiesto con insistenza ai federali di far ritorno nel paradiso della rivoluzione comunista. Sul comportamento di Genro e compagni il campioncino Lara ancor oggi è incredulo: «Onestamente, non ho capito cosa è successo». È successo che non si chiama Cesare Battisti. Dois pesos e duas medidas.
GMC

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