È un rapporto conflittuale e spigoloso, quello tra le piccole imprese e le banche. A minor dimensione corrispondono, quando si bussa a quattrini, maggiori costi, garanzie più stringenti. E cresce il rischio di non veder accolta la richiesta. È la Bce a certificare ora il peggioramento delle condizioni del credito nel primo semestre dellanno, con uno studio condotto su un campione di oltre 6mila imprese di Eurolandia.
Lanalisi si poggia su alcune percentuali-chiave: il 43% delle aziende che hanno chiesto un prestito tra gennaio e giugno ha notato un inasprimento del credito, anche se il 77% delle richieste si è concluso con esito positivo. Solo il 12% del campione ha incassato il niet della banca, ma «la proporzione delle richieste di prestito rifiutate - spiega lEurotower - è stata considerevolmente più alta per le piccolissime imprese che per quelle di dimensione maggiore». Questultime possono infatti far leva non solo sulla grandezza, ma anche sullanzianità. Con una lunga storia aziendale alle spalle, è più semplice convincere chi sta dietro allo sportello ad allargare i cordoni della borsa. Viceversa, lanonimato e una dimensione lillipuziana giocano decisamente a sfavore. Il motivo principale alla base della mancata concessione del prestito è infatti la presentazione di garanzie insufficienti (26% dei casi). Un 20% delle piccole imprese ha invece rinunciato a causa dei tassi dinteresse o di altri costi considerati troppo elevati.
Ciò è un male per un sistema produttivo fortemente dipendente dal credito bancario come quello europeo. Ed è un guaio per le imprese italiane costrette a confrontarsi, secondo uno studio della Cgia di Mestre, con i tassi a breve più alti dEuropa: un 4,06% contro il 3,92% della Germania e una media pari al 3,72%. «Questa situazione - spiega Giuseppe Bortolussi, segretario dellassociazione mestrina - penalizza soprattutto le micro-imprese che devono far fronte costantemente a esigenze di liquidità».
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