Aprile: «stretta vigilanza» sui prezzi. Maggio: monitoraggio «ravvicinato» sui prezzi. A un mese di distanza dalla riunione in cui la Bce aveva deciso di alzare i tassi di un quarto di punto per arginare l’inflazione montante, Jean-Claude Trichet ha rimodulato il proprio linguaggio nella conferenza stampa che ha ieri fatto seguito al direttivo del board, per l’occasione in “trasferta“ a Helsinki. Non si tratta di una semplice sfumatura lessicale, ma di un vero e proprio cambio di orientamento della politica monetaria da parte dell’Eurotower. Nella sostanza, in giugno le leve del costo del denaro resteranno ferme all’attuale 1,25%.
La notizia, subito rilevata dal mercato valutario dove l’euro è crollato fino a scendere a 1,4605 dollari contro gli 1,4863 della chiusura di mercoledì, sovverte gli scenari costruiti nelle ultime settimane dagli analisti. Il mantenimento dello status quo monetario era dato per scontato per tutto il mese di maggio. Una breve pausa necessaria per metabolizzare il rialzo di aprile e preparare il terreno al successivo giro di vite. Trichet ha invece ieri rimescolato le carte, pur in presenza di uno scenario immutato a causa delle «continue pressioni al rialzo dell’inflazione». Ciò non esclude ovviamente la possibilità di una mossa restrittiva in luglio, quando forse sarà più chiaro l’andamento del carovita e del Pil. Restano comunque da capire i motivi della “sterzata“ da parte dell’istituto di Francoforte. Forse per le condizioni di alcune aree periferiche di Eurolandia, le più esposte alle pressioni derivanti dalla crisi del debito? Trichet ha escluso che la fragilità di questi Paesi possa in qualche modo condizionare le scelte della banca centrale: «Assolutamente no - ha detto - La nostra responsabilità riguarda la stabilità dei prezzi nell’area euro nel suo complesso».
Una posizione condivisibile, anche se la Bce gioca un ruolo certamente non marginale nella gestione dei salvataggi, prendendo posizione e cercando di indirizzare le scelte nella direzione che ritiene più utile. Come nel caso dell’ipotesi sulla ristrutturazione del debito greco, motivo di scontro tra la Germania- favorevole a un riscadenzamento soft anche in virtù dell’elevata esposizione delle sue banche - e l’Eurotower che, spalleggiata dalla Commissione Ue e dalla Francia, non vuole neppure sentirne parlare. Trichet ha infatti liquidato l’argomento con un lapidario «non è all’ordine del giorno», richiamando tutti i Paesi a «essere all’altezza delle loro responsabilità (di bilancio, ndr ) nelle attuali circostanze» perché la crisi del debito sovrano «non è finita» e dicendosi«fiducioso»sull’efficacia del piano di aiuti da 78 miliardi di euro concesso al Portogallo.
Anche senza una correlazione tra le decisioni sui tassi e lo stato di salute poco brillante dei cosiddetti «Pigs», è comunque probabile che la Bce preferisca muoversi con prudenza, in ragione di una congiuntura sempre positiva, ma dove il «livello di incertezza resta elevato». Di sicuro, l’avvicinarsi dell’euro alla soglia del dollaro e mezzo non agevola il consolidamento della ripresa. E il tasso di cambio rispetto al biglietto Usa, ha spiegato Trichet «è preso in considerazione nella nostra analisi, è uno dei parametri ». Non è del resto da escludere che la Bce sia stata colta in contropiede dalla decisione della Federal Reserve di mantenere il costo del denaro a livello zero, impedendo un restringimento della forbice tra i tassi dell’euro zona e quelli a stelle e strisce.
«Condividiamo e riteniamo importante », ha detto il banchiere francese, la posizione ufficiale delle autorità economiche americane sul dollaro secondo cui un biglietto verde «forte» è nell’interesse degli Usa. E anche dell’Europa.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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