In una Beirut sotto le bombe un magnifico universo di donne

Nella variopinta fauna cinematografica capita talvolta che un film sia diverso senza l’intenzione di esserlo. È il caso del magnifico Caramel, diretto dalla giovane, e bellissima, regista libanese Nadine Labaki, che ne è anche la protagonista. In apparenza una variante dei temi trattati da Almódovar, ma si tratta soltanto di una coincidenza. Ambientato a Beirut poco prima che le bombe facessero altri scempi poco più di un anno fa, Caramel è un placido ritratto di donne, un amabile e crudele racconto di quotidianità, che non scade mai nel minimalismo. C’è la scoperta di un universo uguale e diverso dal modello europeo. È la storia di alcune ragazze, cristiane e musulmane, che gestiscono un piccolo istituto di bellezza. Si intravede il mostro del maschilismo, l’autoritarismo dello Stato, la provvisorietà di un’esistenza il cui centro di gravità è ancora una volta l’amore, maltrattato, equivocato, mai banalizzato. Ci sono amori clandestini in una società che li aborre, ricorsi alla chirurgia per riavere la verginità perduta, il pudore ammirevole delle vere donne. E nel ruolo di Layale, Nadine Labaki ha il fascino travolgente delle donne che noi occidentali possiamo soltanto sognare. Si resta incantati di fronte a questo manipolo di donne, che senza infingimenti ha il coraggio di esserlo.

Una piccola lezione che ci restituisce la fragranza un po’ berbera dell’amore per le donne, senza i travisamenti e le tragiche parodie che di loro fanno personaggi anche pubblici. Un film di donne, indispensabile per gli uomini.

CARAMEL (Francia/Libano, 2006) di Nadine Labari, con Nadine Labaki, Yasmine Al Masri. 95 minuti

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