La Belle Époque Tutta l’arte della mondanità

Si stava davvero meglio quando si stava meglio: la chiamavano Belle Époque ed è stata una stagione irripetibile. La guerra che si credeva lontana, l’avvenire che sembrava prospero, il volgere del secolo che alimentava entusiasmi. Fu l’ultima età dell’oro ed ebbe molti nomi, da art nouveu a Jugend style, da Modern style a Sezession, a seconda delle arti, a secondo delle lingue. Ma per tutti il sapore fu unico. I pittori impastarono pennellate di colore e nostalgia, mondanità ed amarcord ed oggi a Pavia una mostra fissa il meglio delle loro emozioni. Resterà aperta fino al 14 dicembre, nelle scuderie del Castello visconteo, la mostra «Belle Époque, arte in Italia 1880 - 1915», a cura di Dario Matteoni e Francesca Cagianelli con il coordinamento di Alessia Vedova. Seconda tappa di un percorso che ha toccato anche Rovigo, nella città di Adelchi sono giunte una sessantina fra tele ed affiche che si aggiungono ai capolavori della collezione Morone e della Quadreria dell’800, dei musei civici della città. «Toilette» eleganti, gonne di veli, redingote pennellate sui fianchi: le chiamarono coquette, ma mai più la donna fu così elegante e vezzosa, sempre stretta fra la rappresentazione dell’oggetto del desiderio dei signori e l’esercizio di una dittatura femminile fondata su intelligenza e vezzo sapientemente stemperate. Ecco allora la donna di Giovanni Boldini con la sua camicetta di voile, olio su tela del 1905, oppure le varie mises e i cappelli di Camillo Innocenti, incantato dalle signore sedute ai caffé di Montmartre. E ancora Giuseppe De Nittis e Federico Zandomeneghi con Violette e le altre, ora sedute dalla modista, oppure all’ora del té. «Dai tempi di Luigi XV la donna parigina non è mai stata vestita con altrettanto gusto», scriveva il romanziere e grande conoscitore delle cose del tempo, Jules Claretie nel 1876. Tanta bellezza si declinava anche al maschile con l’eleganza mista ad un velo di tenebrosità dei due distinti signori, antesignani dell’Uomo in Frack (ma con l’happy end scritto nel cuore), che Serafino Macchiati ha immortalato fra le nebbie di una notte elegante, nel cartone intitolato «Dopo il Galà».

Per tutti resta il vociare allegro e frettoloso, fra convenevoli e mondanità, di quel saluto «All’uscita dall’opera» dipinto da Arnaldo De Lisio. I bei tempi almeno nei quadri non se ne sono mai andati. Info: 02-45496873, www.scuderiepavia.com

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