Erano come il contadino di Jannacci, quello a cui portavano via «la casa, il cascinale, la moglie, i dischi di Little Tony e un figlio militare». E lui? Ridacchiava. Ma se lè, matt? E matti, o almeno insopportabilmente sciocchi, sembravano anche quei dipendenti Alitalia che al funerale del loro posto di lavoro hanno reagito esultando e rilasciando dichiarazioni deliranti, senza la decenza di capire cosa significa fallire. Quelli che non sono stati portati via in camicia di forza solo grazie alla legge Basaglia e perché più che lavoratori preoccupati sembravano comparse ingioiellate scappate dal set di «Centovetrine».
Già, perché a tutti è parsa insensata e senza vergogna la sceneggiata di questo esercito di finti martiri impunturati, che - belli da morire - ostentavano bracciali, mostrine e unghie pittate a favor di telecamera. Non sia mai che la notorietà bussi e mi trovi in disordine. Perdevano azienda e stipendio e invece di avvilirsi come le canzoni di Masini applaudivano garruli, che magari la Gabanelli girava una puntata di «Report» e si spiccava il volo dagli hangar allAuditel. Mancavano solo la banda e gli sbandieratori di Asola a incorniciare una felicità che faceva rima con oscenità. Perché quella soddisfazione sputata nei piatti degli italiani allora del Tg ha nauseato tutti come i ragazzini viziati che si bullano delle bocciature perché non hanno genitori pronti a far volare i manrovesci.
E gli sforzi fatti per salvare le famiglie? Le apprensioni di chi si sentiva solidale perché dalla cassa integrazione (quella seria) ci era passato? Tutto nascosto sotto il fard e la messa in piega da bambascioni cresciuti a privilegi e vitello grasso. Roba da Élite-alia, altroché. Perché se sei felice di aver perso il lavoro, o sei tarato come quelli che offrono da bere al vigile che ritira loro la patente, oppure il lavoro non ti serve. E se non ti serve, dimènticati gli ammortizzatori sociali con cui tenere al caldo il tuo fondoschiena fasciato da tailleur verde speranza.
Nessuno avrebbe preteso scene di giubilo alla firma di un accordo che comunque prevedeva sacrifici, ma nessuno si aspettava facce beate davanti al disastro. Le stesse espressioni che si dipingono quando si strappa una collanina di corallo a due euro in qualche suk a Sharm.
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