Il presidente Ben Ali è scappato, la folla ha vinto, la Tunisia è libera. Forse. La storia insegna che quando la piazza vince in un Paese arabo o mediorientale le conseguenze sono imprevedibili e spesso dolorose. Nel 1979 lo Scià Reza Pahlevi fu costretto ad abbandonare Teheran, spazzato via da Khomeini. La Tunisia fortunatamente non è l’Iran e la protesta di queste ore non sembra avere né una valenza, né una guida religiosa. Una buona notizia, che però non basta a sopire i timori per quanto sta avvenendo a Tunisi. E che timori. L’Islam capace di conciliare religione e modernità aveva il volto della Tunisia, che non era democratica, ma nemmeno poteva essere considerata ferocemente dittatoriale. Ben Ali - e prima di lui Burghiba - concedeva spazi di libertà, credeva nella modernità e promuoveva un capitalismo moderato e progressista; il quale ha dato buoni risultati. Anche la Tunisia ha fatto miracoli, ma è rimasta tribale. Dunque socialmente immobile. È il difetto di tutte le società arabe e, in genere mediorientali. Ben Ali in fondo era un capo clan, come gli altri leader arabi. E come loro non ha saputo dare speranza ai più poveri. Un tappo immenso pesava sulla società tunisina. E quel tappo è saltato. Finché i prezzi dei generi alimentari sono rimasti sotto controllo, la gente ha chinato la testa, come sempre, accontentandosi di sopravvivere, anche per paura dell’esercito. Ma quando decine di migliaia di persone non sono più state in grado di comprare il pane, né il sale, né carne, hanno osato l’inimmaginabile.Mai mettere un disperato con le spalle al muro, ammoniva Sun Tzu: per quanto debole e in apparenza sottomesso, la sua reazione rischia di essere imprevedibile e furiosa. E un uomo che non ha da mangiare non ha più nulla da perdere. Il 74enne Ben Ali ha governato per ben 23 anni. Quando salì al potere ne aveva 51. Pare sia malato, di certo ha perso il polso del Paese. Nessuno lo ha avvertito del crescente malessere nei villaggi e alla periferia della capitale. Ha saputo e capito troppo tardi. E ieri sera è fuggito all’estero, a Malta o forse a Parigi. Da Tunisi continuano a giungere immagini drammatiche e commoventi. Con il cuore siamo tutti lì, con loro. Che storia, che immagini, che eroismo! Ma la mente impone cautela. Perché la Tunisia è a una manciata di chilometri dalle nostre coste e ha sempre collaborato con noi,sia in campo economicosia nella lotta all’immigrazione. Perché i guai del nord Africa si riverberano sempre a nord, come ben sanno la Spagna con il Marocco, la Francia con l’Algeria. Perché le svolte di questo Paese incidono da sempre anche sulla nostra storia, nel bene o nel male, da Cartagine in poi. L’auspicio è che la caduta di Ben Ali permetta la nascita della prima vera democrazia araba, così solida da essere immune dalle influenze del fondamentalismo islamico. Ma è davvero dietro l’angolo? Gli ucraini si emozionarono (e noi con loro) per la Rivoluzione arancione, ma poco cambiò. Gli egiziani credettero in Nasser, ma da allora l’Egitto non è mai uscito dalla povertà. E poi: siamo sicuri che la piazza abbia vinto? E se invece qualcuno l’avesse lasciata vincere? Nei giorni scorsi a sparare erano soprattutto i poliziotti dei corpi speciali, mentre l’esercito è rimasto ai margini; non si è mai davvero impegnato nella repressione; altrimenti i morti si conterebbero a migliaia e non a decine. Forse ha ragione chi pensa che la rivolta sia stata usata dallo Stato maggiore, il quale ora si appresterebbe a controllare il Paese, magari dietro un leader fantoccio. Ben presto i tunisini potrebbero ritrovarsi con un altro Ben Ali, ovvero con un altro capo tribale. Oppure potrebbero sprofondare nel caos, soprattutto se il loro esempio sarà seguito dai giovani dei Paesi vicini. Oppure... La Tunisia è una striscia di terra tra l’Algeria e la Libia. Più a ovest c’èil Marocco,più a est l’Egitto.Se il Nord Africa s’infiamma i primi a pagare il prezzo saremo noi italiani. Il vero pericolo si chiama contagio. E, allora, viva la democrazia in Tunisia. Che inizi, davvero, una nuova era.
L’alternativa è la violenza. È il caos, che indurrebbe centinaia di migliaia di persone a riversarsi verso le nostre coste. È l’avanzata dell’Islam fondamentalista nel Maghreb. Ipotesi da brivido. Non ci resta che sperare.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.