Arturo Benedetti Michelangeli, a detta di molti uno dei più grandi - forse il più grande - pianista del 900, non amava molto Milano, anzi la mal sopportava, anche se con questa città intrecciò più volte i propri destini: gli studi privati con Giovanni Anfossi, il diploma al Conservatorio nel 34, lamicizia con la nobildonna Maria Lentati de Medici, indimenticabili Pomeriggi Musicali al Teatro Nuovo e anche qualche amore... Eppure Milano, per uno di quei paradossi concessi solo ai geni, ancora oggi, a 12 anni esatti dalla morte, non smette di rimpiangere questo suo figlio adottivo. Basta fare un giro e quattro chiacchiere nei più frequentati negozi di dischi della città - Stradivarius, piuttosto che Buscemi o La Bottega Discantica - per capire quanto il Maestro sia ancora venerato e le sue incisioni, per quanto rare, richieste e amate. E la stessa Scala, dove «Re Arturo» ha lasciato più di unesecuzione memorabile, chissà cosa non farebbe per potere organizzare una degna mostra-evento.
In realtà, Benedetti Michelangeli non disdegnava solo Milano, disdegnava lItalia - Paese che come insegnò già Prezzolini si riesce ad apprezzare solo a debita distanza - e forse persino la sua Brescia, dove era nato nel gennaio del 1920. E così decise di scrivere lultima pagina della sua vita a Pura, (...)
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