Benvenuti nello zoo di Torino...

Tony Damascelli

nostro inviato a Torino

Meno uno. Dove l’avverbio potrebbe anche diventare un verbo, indicativo presente, prima persona di «menare». Perché qui, nel sito olimpico di Torino, verrebbe davvero voglia di far partire qualche sberla: la confusione regna sovrana, i tassisti sono delle iene, i cittadini hanno faccia da scimmia, lo zoo è completo, stanno per arrivare i vippissimi e con loro gli indiani metropolitani, i rivoluzionari a gettone, basta inserire la moneta e parte la contestazione, il bersaglio cambia di evento in evento, il pugno è chiuso, la vetrina è aperta, la disobbedienza è (in)-civile.
Olimpiade invernale, dunque, meno uno e qualcosa, in verità a Torino si parla di football, c’è la Juventus in testa, domenica poi ci sarà anche la sfida con l’Inter e dove lo mettiamo il Toro che fa impazzire di rabbia i suoi nostalgici tifosi affetti da torinismo nostalgico? Insomma si vive e si parla d’altro mentre al centro stampa del Lingotto le forze dell’ordine e i volontari sono metà di mille ma non aspettatevi di ricevere chiarimenti e risposte, vi spediscono a un altro sito, «chiami il call center, provi là, faccia lei», la palla finisce puntualmente in calcio d’angolo. Non si può avere tutto dalla vita, avrebbe detto l’avvocato Agnelli.
Gianni Petrucci ha presentato ieri pomeriggio i Giochi dell’Italia che sono anche roba sua e di Lello Pagnozzi, presidente e segretario, insomma il Coni pensiero e azione. Fuori il Valentino è una cartolina grigissima; hanno cercato di ravvivarla, qualche pezza di verde posticcio e ammuffito, giacinti e tulipani piantati in fretta e in frettissima già infreddoliti, vigili spaesati, tramvieri che smadonnano. Dentro c’è il tendone di casa Italia che deve fare i conti con gli affreschi del castello che è sede della facoltà di architettura ma in queste due settimane ospita sponsor e belle caricature del nostro nuovo mondo. In prima fila Castellani è in forma olimpica, nel senso che ha qualche cerchio in viso, pure lui, per la fatica; gli si posa di fianco, come una zanzara, la Christillin che è stata costretta a scendere dal palcoscenico e adunque vorrebbe pungere; Petrucci siede e presiede, fresco di seduta ginnica mattutina, due ore di allenamento, per smaltire il logorio del Toroc moderno (questione di feeling, inesistente). Il Petrucci suda e corre insieme con Bubka, non è proprio la stessa cosa ma lo sponsor è felice della coppia.
Si parla di numeri e di uomini, di soldi e di divise, la squadra azzurra sfilerà per ultima, numero settantanove. I nostri saranno vestiti di blu, maglione e pantaloni, calzeranno uno stivaletto di pelle nera, saranno ingabbiati da un giaccone argentato, sulla testa un cappellino con pon pon e alle mani guanti di pile, azzurri ovviamente. Alla prova generale di ieri sera, il primo campione a entrare in è stato Yuri Chechi: picchia su un’incudine da cui si sprigionano lingue di fuoco che incendiano l’olimpiade italiana. Coreografìe.
La sostanza è un’altra. Pagnozzi spera di arrivare a cento medaglie, totale olimpico; le spese a bilancio sono pari al debito fiscale dei club di calcio, 566.287,66 euro ma tutte con giustificativo. Magistrati e finanzieri viaggiano lungo le corsie preferenziali ma al Coni sono belli tranquilli.

I problemi, semmai esistessero, stanno altrove. Oggi arrivano Ciampi e la signora Franca. Alzabandiera e pranzo con sedici atleti al tavolo d’onore, poi riposino in Prefettura. Ultima notte buia prima che il fuoco illumini lo stadio. Fuoco olimpico, spero.

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