Bergamo capitale degli alpini Ecco l’Italia unita che ci piace

nostro inviato a Bergamo

Vanno molto le T-shirt color verde bosco con la scritta «Viva la gnocca» e «Barcollo ma non mollo». La più spiritosa però forse è quest'altra: «Pensa al tuo futuro. Non fermarti alla terza media» (intesa come birra, dicono i tre boccali schiumanti allineati...). Sono ragazzacci, vanno capiti. L'età non conta. Ce n'è che hanno sì e no vent'anni, e altri che veleggiano intorno agli ottanta. In testa hanno un curioso cappello di feltro grigioverde con una penna nera di corvo (perlopiù, ma se ne vede qualcuna d'aquila e perfino d'oca). Quando si muovono, in genere non sono mai meno di tre o quattrocentomila, tende e damigiane al seguito. Lo fanno una volta l'anno, il secondo fine settimana del mese di maggio, in genere. E ogni volta ci vuole una città tutta per loro. In genere si fa a gara per offrirsi. Stavolta è toccata a Bergamo, e va detto che palcoscenico più suggestivo della «città dei Mille», tirata a lucido e illuminata a lampi da un sole patrigno che occhieggia da un cielo parigino, tutto un frettoloso rincorrersi di nuvole, non si poteva trovare.
Si sbarca alla stazione ferroviaria (ci sono dei tapini che hanno scelto l'automobile, ma vengono dati per dispersi all'altezza di Curno) e si resta folgorati dalla visione del nereggiare di teste - e di penne - che si allunga per tutto il viale Papa Giovanni, oltre Santa Maria delle Grazie e il Balzer, su verso la Ferdinandea.
Una marea umana da kolossal americano (in attesa della grande sfilata di stamani) ciascuno venuto per specchiarsi negli occhi dei tanti che condividono un'idea, un modo di sentire, un'appartenenza. Senza bandiere, senza ideologie (chi ne ha ancora una) senza barriere di censo, di cultura, di schieramenti. Alpini, semplicemente. «L'Italia perbene e unita. Quella di chi crede nella solidarietà, nell'amicizia, nella disponibilità per il prossimo», sintetizzano Angela, Mirella, Piero e Nilo, venuti da Trento e da Vittorio Veneto. «Gente che crede in roba semplice ma vera: la famiglia, la patria, l'onestà, il senso del dovere», per dirla con Flavio Filippini, Paolo Multedo e Gianni Repetto, che arrivano da Novi Ligure. Per essere sicuri di esserci, avevano prenotato una stanza nel luglio del 2009. E fra una settimana, essendo già a posto con Torino (maggio 2011) prenoteranno a Bolzano («sa, la città è piccola») per l'adunata del 2012, a Dio piacendo. Gli altri, quelli che non sono riusciti a trovare neppure un bed and breakfast si sono arrangiati. Chi in camper, che in roulotte, chi in tenda, piazzando il barbecue e imbandendo tavole e tavolacci sui giardinetti dirimpetto all'Inps e alla Banca d'Italia. Che gran festa, all'ora di pranzo, dopo che i paracadutisti si sono esibiti planando sullo stadio, quando dallo stradone si alzano i fumi di 100 grigliate mentre si procede tra sentori di vino e birra che verso le 2 del pomeriggio virano in grappa e cognac. «Mi scappa la pipì», intona la fanfara della val d'Ossola (innerbata da elementi bresciani), mentre «I Girasoli», alfieri del pop più popolare, ammaliano il gentile pubblico con «Nonno alpino» e «Voga e va». Suonano quelli della Banda Rurale di Castelli (Teramo), 5 organetti, una fisarmonica, un putipù e la grancassa; ma c'è posto anche per i cloni degli Inti Illimani, facce andine e musiche (cantava Lucio Dalla) di una noia mortale.
«Madonna che casino», scappa detto al signor Angelo - ma così, col sorriso sulle labbra, e perfino con una certa soddisfazione - di guardia sulla tolda di uno dei due caselli (quello col fiorista) di Porta Nuova. Il giornale sotto braccio, nella destra un mazzolino di rose gialle per la moglie Carla, che è rimasta a casa a preparare i casonsei e il coniglio con la polenta per i nipoti, il signor Angelo si gode la sfilata degli alpini in festa lisciandosi alternativamente i baffi e la cravatta.
Che gran festa, ragazzi. Che sorrisi, e che allegria, e che serenità, e che bella gente. E che sfacciata esibizione di bandiere, poi, per questa Nazionale senza pallone.
Le colonne dei caselli inguainate nel tricolore, e 100 e mille e 100 mila altre bandiere bandierine e bandierone su fino in Città Alta, dove garrisce spavaldo lo stendardo spagnolesco, giallo e rosso, della gran città.

«Grazie per essere qui» c'è scritto su un lenzuolo appeso a un balcone, non lontano dalla chiesa dove alle 17 un suono d'organo introduce la messa del vescovo in suffragio dei caduti. Non resta che aspettare i fuochi d'artificio della notte, sulle Mura, e prepararsi alla grande sfilata della domenica, quando i pensieri sono già rivolti all'adunata dell'anno prossimo.

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