Roma - Non mollo, durerò fino alla fine della legislatura. Il pensiero del presidente del Consiglio non cambia. Ad Arcore, con qualche fastidio post operatorio che la notte non lo fa riposare come vorrebbe, Berlusconi assiste all’ennesimo attacco concentrico delle opposizioni. A mezzo stampa, Casini, Fini e D’Alema in coro gli chiedono di farsi da parte. Per il bene del Paese, dicono. Scrolla le spalle, il premier. È duro, determinato, ma non polemico. Quasi distaccato. Ai suoi lascia intendere che finora ha già fatto tanti passi indietro ma non vede il motivo per cui dovrebbe dimettersi. Negli ultimi mesi ha lasciato il partito in mano ad Alfano ma soprattutto ha fatto capire in modo chiaro che nel 2013, al termine naturale della legislatura, non si ricandiderà alla guida del Paese. Cosa deve fare di più? Farsi da parte perché glielo chiedono Casini, Fini e D’Alema? Ma quando mai. «I numeri in Parlamento ci sono», ripete. E poi una crisi di governo, quella sì, aizzerebbe la speculazione finanziaria; non un governo che governa. Questa la linea da tenere. Tanto che già in mattinata scendono in trincea Saverio Romano: «Le tre interviste dimostrano che l’idea di un golpe di Palazzo cova ancora nelle menti di qualcuno»; Anna Maria Bernini: «Fini, Casini e D’Alema? Demagogia pura»; Osvaldo Napoli: «La drammatizzazione della situazione italiana è surreale e fa di Casini e Fini due campioni di irresponsabilità nazionale» e Gianfranco Rotondi: «Col pretesto dell’unità nazionale si chiede a Berlusconi il suicidio assistito. Se il tema è il bene del Paese, l’opposizione dialoghi col governo; se è cambiare il governo allora aspettino le elezioni».
Insomma, l’idea di una Santa Alleanza senza Berlusconi è respinta con forza dal Cavaliere. Sarebbe una sorta di golpe di Palazzo, un ribaltone, l’ennesimo giochino dei partiti che decidono sulla testa dei cittadini. Chi lo ha sentito lo descrive tuttavia non polemico né aggressivo. Ma riflessivo e ponderato. Un po’ perché ancora abbattuto per la sentenza Mondadori; un po’ per lucida strategia. Di certo non è il momento di alzare i toni e alimentare polemiche. Quindi, low profile e occhi puntati agli Stati Uniti, alla Siria, agli sviluppi del caso Tremonti. Nel primo caso, la sensazione, assolutamente positiva, è che la Casa Bianca raggiunga un accordo con il Congresso per aumentare il tetto del debito ed evitare il default tecnico. Una buona notizia. Quella meno buona, invece, è la strage in atto in Siria, col regime di Assad che spara sulla folla provocando una carneficina.
Sul capitolo spinoso del ministro dell’Economia, invece, Berlusconi è attendista. Osserva che l’affare si complica ma si guarda bene dall’intervenire. Una frase, una parola, perfino una sillaba sarebbe vivisezionata, commentata, magari stravolta per aggiungere ulteriore benzina a un falò bell’acceso. Quindi meglio restare silenziosi e ovattati. Certo, le voci che si susseguono parlano di «nuovi sviluppi» della vicenda ma è inutile rincorrere e cercare di anticipare i rumors. Di sicuro all’orizzonte ci sono altre nubi sulla testa del titolare di via XX Settembre. E un’eventuale sua caduta sarebbe una grana in più per l’esecutivo. Ma tutto a suo tempo. La speranza è che passi l’estate relativamente tranquilla e che i mercati ricomincino a dare segni positivi.
Si aspetta anche se, in ambienti pidiellini, è giudicata sospetta la decisione del capo dello Stato di rimandare la partenza per le vacanze.
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