Berlusconi e le feste ad Arcore: «Erano solo gare di burlesque»

MilanoÉ ufficiale: le feste ad Arcore riprenderanno. Lo annuncia ieri Silvio Berlusconi, nell’aula dove lo stanno processando per il caso Ruby. Riprenderanno perché quel che si è scritto in questi giorni è tutto vero o quasi: gli abiti da sexy poliziotta e quelli da pornoinfermiera, le bonazze e le danze in taverna a Villa San Martino. Solo che non erano incontri a luci rosse. Ma gare di burlesque, organizzate dalle stesse protagoniste «perché le donne sono di loro natura esibizioniste, e poi se sono donne di spettacolo gli piace montare degli show. Io non ero l’arbitro ma guardavo interessato, perché mi divertivo molto e continuerò a farlo. Non sono pentito, sono un single che dopo una giornata di lavoro può darsi ogni tanto una serata in cui respira».
Trattasi di burlesque, dunque: «Meno estremo di quello che si vede in televisione e a teatro». Rivelazione sfolgorante che arriva dopo quasi due e anni di indagini, processi, articoli e libri. Nel giro di cinque minuti, il burlesque evocato dal Cavaliere manda in tilt il mondo di Internet. E non è finita, perché più tardi, a fine udienza, arriva l’altra rivelazione: gli abiti delle ballerine «erano dei bellissimi vestiti, un omaggio di Gheddafi. A Tripoli avevo visto gli stand della moda araba, e avevo detto a Gheddafi: come sono belli. Lui prese nota e me ne fece avere cinquanta o sessanta. Ne ho ancora diversi».
È evidente che solo un Berlusconi di buon umore può lanciarsi su per questo crinale, in due round di faccia a faccia con il branco di cronisti giudiziari del processo Ruby. Il motivo c’è. È la prima volta che l’ex premier si presenta in aula, ed è per ascoltare deposizioni cruciali: i racconti dei funzionari della questura di Milano che liberarono «Ruby Rubacuori», e che Berlusconi è imputato di avere concusso. In aula, uno dopo l’altro, i poliziotti lo scagionano. E così il Cavaliere che sbuca in corridoio è tutto tonico e combattivo. «Avevo del tempo libero e sono venuto a sentire questa sceneggiata, che mi ha dato la conferma che si tratta di una grande operazione mediatica di diffamazione del presidente del Consiglio, del governo e dell’Italia».
Berlusconi torna a raccontare ai giornalisti la sua versione dei fatti, ripetendo per l’ennesima volta di essere intervenuto in buona fede avvisando la questura che forse era stata fermata una parente di Hosni Mubarak: «E se non l’avessi fatto sarei venuto meno ai miei doveri. Mettiamo che fosse stato vero. Sarebbe nato un incidente diplomatico». Anche se, poi nel giro di poche ore la stessa ragazzina ammise di essersi inventato tutto, «si era creata una esistenza immaginaria per non dire la miseria da cui veniva». Ma quando lo seppi, dice Berlusconi, interruppi ogni rapporto, «e da allora non l’ho più sentita».
Sarà il processo a dire se questo racconto sta in piedi oppure no. Ma intanto Berlusconi è un fiume in piena. Anche quando conferma, allarga e rivendica ciò che i pm hanno portato in aula come una rivelazione all’udienza scorsa, i soldi piovuti dai suoi conti personali su alcune ragazze del «bunga bunga», citate come testimoni nel processo. Non sono, dice Berlusconi, solo Nicole Minetti e le gemelle De Vivo ad avere ricevuto aiuti da lui: «Le sto mantenendo praticamente tutte. Sono trenta ragazze cui questo processo ha rovinato la vita. Hanno perso il fidanzato forse per sempre, hanno perso il lavoro, qualcuna ha dovuto chiudere l’esercizio commerciale dei genitori. Io mi sento responsabile perché hanno commesso un unico reato, hanno accettato un invito a cena del presidente del Consiglio. Poi si è instaurata questa cagnara indegna e sono state rovinate delle ragazze senza colpa. È questa la cosa scandalosa». Ma quanto le costa mantenerle tutte? «Posso farlo, anche se la rapina del secolo (la sentenza Mondadori, ndr) mi ha portato via 560 milioni». E d’altronde «un mio amico diceva: non puoi preoccuparti se hai una barca di quanto spendi per l’equipaggio».
Non ha paura, gli chiedono, che la Procura la incrimini per questi pagamenti? Che li interpreti male? «E allora le lasciamo morire? Che aprano tutti i fascicoli che vogliono, la realtà è una cosa e l’interpretazione che ne fanno certi signori è un’altra». Tra le poche che non mantiene, dice, c’è Ruby, ovvero Kharima el Mahorug, «che ha trovato un bravo ragazzo che l’ha sposata». Ma il bravo ragazzo non è sotto processo? «Ci sono tante persone bene sotto processo. Tra cui il sottoscritto».
Brutta gente, i cronisti giudiziari. Spietati. Uno gli chiede persino come mai le ragazze così generosamente aiutate, poi al telefono ne dicessero di lui di tutti i colori. Ma Berlusconi non fa una piega. «Nelle intercettazioni si dice di tutto, uno può anche dare dello stronzo a suo figlio. Registrare le telefonate è come mettere un registratore in un confessionale, è la cosa più barbara e incivile che si possa fare». E a chi gli chiede conto di alcune testimonianze di ragazze, venute in aula a raccontare di aver sentito dire che ad Arcore, a un certo punto, si passava dal guardare al fare: «Certe cosiddette testimonianze mi sono sembrate tutte uguali, come se fossero state ripetute X volte.

Una cosa è sicura: io in vita mia non ho mai pagato una donna per fare sesso anche perché mi domando che gusto c’è. Il bello è fare la corte. Anzi, c’è una storiella che racconta Vittorio Sgarbi che però non vi posso dire...».

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