Roma - Sul fatto che ieri pomeriggio fosse in agenda un faccia a faccia a Montecitorio tra Fini da una parte e Verdini e Ghedini dall’altra di dubbi non ce ne sono. Se non altro perché in mattinata è proprio il presidente della Camera ad annunciarlo in privato ad alcuni deputati. Resta, invece, qualche perplessità sulle ragioni del rinvio ad oggi dei negoziati di pace. Rimandati, racconta l’ufficialità, solo per ragioni di agenda. In verità, la sensazione è che sia arrivata una decisa frenata dagli ex colonnelli di An, tanto che il vertice serale che si tiene a Palazzo Grazioli con La Russa, Verdini, Bondi, Alemanno, Matteoli, Cicchitto e Gasparri non era in agenda almeno fino alle sei del pomeriggio. Una riunione a sorpresa, dunque, nella quale Berlusconi fa il punto dello stato dei rapporti con Fini dopo che ormai da quasi una settimana Letta ha messo in moto la sua diplomazia.
D’altra parte, è chiaro che se davvero - complice il delicato momento dell’economia europea - si arrivasse a un riavvicinamento questo non potrebbe che portarsi dietro uno «scambio di prigionieri», nel senso che a rischiare sarebbe chi in questi mesi si è più esposto sui due fronti. Inevitabile, dunque, qualche fibrillazione.
Se da una parte Berlusconi insiste nel dire che Fini e la sua pattuglia devono dimostrare nei fatti il loro sostegno al governo (durante le votazioni in Parlamento), dall’altra il presidente della Camera pone con forza la questione del partito. Che, al di là della bella politica, non può che essere risolta con qualche cambio di poltrone. Sarà un caso, ma Fini (che ieri ha ricevuto lo scrittore Saviano) insiste nel dire che il Pdl deve essere guidato da chi se ne può occupare a tempo pieno. E dei tre coordinatori l’unico che non fa il ministro è Verdini, per altro l’unico dei tre che ieri era atteso nello studio dell’ex leader di An. E l’unico che ci andrà oggi per un faccia a faccia a quattr’occhi, benedetto, per motivi d’opportunità, da un «mandato» dell’intero triumvirato (un modo per non escludere La Russa e Bondi). Un incontro, fanno sapere da via dell’Umiltà, che avrebbe chiesto Fini.
«Io con Gianfranco - dirà a sera Berlusconi durante una cena alla Fontana di Trevi con Renata Polverini, la sua giunta e buona parte della maggioranza in consiglio regionale - sono disposto a metterci una pietra sopra. Con lui non ho mai avuto problemi e speriamo che Verdini trovi un punto di incontro». L’importante - è il senso del ragionamento del Cavaliere - è che se alla fine accordo sarà, dovrà essere chiaro e duraturo nel tempo e non dare più adito ai soliti fraintendimenti.
Nonostante il lavoro dei pontieri, Berlusconi sceglie la strada del basso profilo. Certo non è contrario a chiudere la querelle e il fatto che fino a oggi - al di là delle parole - la pattuglia dei finiani non abbia davvero messo i bastoni tra le ruote alla maggioranza è per il premier un segnale positivo. Il punto sono i prossimi appuntamenti chiave, dal ddl anticorruzione a quello sulle intercettazioni. È lì che il Cavaliere non vuole sorprese, tanto che ieri nella delegazione attesa a Montecitorio c’era anche Ghedini.
Ma nella riunione serale a Palazzo Grazioli si affronta anche il dopo Scajola. Con Berlusconi convinto sia il caso di prendere tempo in attesa di capire se davvero - come annunciano i soliti rumors - siano in arrivo altre bordate giudiziarie per ministri di peso (Matteoli). Improbabile, dunque, che alla fine la soluzione arrivi già nel Consiglio dei ministri di domani, magari con un ticket composto da Romani (ministro) e Possa (viceministro).
Non è chiaro, invece, se siano state davvero superate le resistenze della Lega - ieri anche Calderoli è passato per Palazzo Grazioli - che ancora ieri mattina faceva pressione per portare a casa almeno un sottosegretario allo Sviluppo economico.