Roma - Onorevole Bondi, la presenza di Berlusconi al congresso Ds rappresenta l’inizio di una nuova fase nei rapporti tra maggioranza e opposizione?
«L’invito e l’accoglienza riservata a Berlusconi dimostrano che è possibile un impegno comune per un “bipolarismo mite” cioè una democrazia compiuta in cui le diverse coalizioni politiche si confrontino, anche radicalmente, ma con rispetto reciproco e riconoscendosi nei valori fondamentali della nostra storia».
Quali motivazioni hanno spinto Berlusconi ad andare a Firenze?
«C’è un doppio significato: vivere in diretta un passaggio storico della politica italiana e portare un messaggio di “normalità” a un Paese che purtroppo non ha ancora del tutto superato le vecchie barriere ideologiche. Deve diventare una cosa normale che i due più grandi partiti italiani si confrontino, e che il leader dell’opposizione vada al congresso del più grande partito di governo senza essere considerato un nemico da abbattere in tutti i modi. Ma attenzione: alle parole ora devono seguire i fatti».
Non si fida dei buoni propositi espressi in questi giorni?
«Non basta cambiare nome per cambiare politica. La travagliata storia del postcomunismo italiano è una storia fatta di tardivi “mea culpa” ma non c’è ancora stata una totale cesura storica rispetto agli errori del passato. Un partito moderno deve cavalcare la storia, non rincorrerla. Questo è quanto è accaduto dopo la caduta del Muro di Berlino ai dirigenti eredi del comunismo italiano. Non credo sia giusto, ad esempio, inserire Craxi nel Pantheon del Partito democratico. La storia dice che Craxi è stato un campione del riformismo e che il Pci al suo cospetto fu un partito conservatore».
La nascita del Partito democratico è un fatto positivo per il Paese?
«Nella sinistra italiana storicamente hanno sempre prevalso i massimalisti. Accadde al congresso socialista di Livorno nel 1921 e poi in tutto il Novecento. Se il Partito democratico riuscirà davvero a diventare una solida casa dei riformisti sarà un bene per tutti anche se il peso della sinistra radicale e il suo potere di veto restano fortissimi. Non posso, poi, non vedere le contraddizioni evidenti del Pd, a partire dalla sua incerta collocazione internazionale. È troppo facile, come ha fatto Fassino, schierarsi per i Dico e un momento dopo plaudire al Family day».
Finora era sempre stato Berlusconi a dettare l’agenda politica. Stavolta sul partito unitario è arrivata prima la sinistra.
«È evidente che questo processo politico non potrà non avere riflessi anche sul centrodestra dove l’aggregazione non può che avvenire intorno al nucleo del Ppe, facendo una Federazione con la Lega Nord che è già nei fatti. E Forza Italia dovrà essere motore e anima del progetto di fondazione del Partito della libertà».
Ma Forza Italia è davvero un partito «senz’anima e senza classe dirigente» come lei ha detto a l’Espresso?
«Non scherziamo. Ho sempre detto che Forza Italia ha una ricchezza di classe dirigente senza uguali. Poi capita che il tuo pensiero venga completamente ribaltato, com’è accaduto in quell’intervista e come conferma la registrazione del colloquio».
Il ruolo dei Circoli non è vissuto molto bene all’interno di Forza Italia. Quando si è saputo che la presidentessa, Michela Brambilla, avrebbe parlato ai gruppi parlamentari, ci sono stati parecchi mugugni.
«Michela Brambilla è stata accolta con favore dai gruppi che lei ha saputo conquistare grazie all’umiltà e all’alto profilo del suo intervento. Io ritengo che i Circoli, fortemente voluti da Berlusconi, siano una risorsa e un valore aggiunto per avvicinare la società civile al centrodestra».
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