Sono arrivati a Palazzo Chigi su una «500» decappottabile color avorio: alla guida Sergio Marchionne, al suo fianco Luca di Montezemolo, sul sedile posteriore John Elkann. Proprio il giorno successivo alla chiusura dell’accordo con Chrysler, i vertici della Fiat hanno presentato al presidente del Consiglio la flotta di 221 auto che saranno messe a disposizione dal gruppo per il G8 dell’Aquila: tre fiammanti Delta executive sono state esposte nel cortile del palazzo. «Facciamo tutti il tifo per Fiat che ha ottenuto un’importante affermazione con Chrysler e che ha presentato una proposta per Opel con forti basi industriali e che è ancora sul tavolo» ha detto Silvio Berlusconi. Il premier ha aggiunto: «Stiamo aspettando che la situazione si definisca anche per questo secondo fronte europeo», lasciando trapelare un atteggiamento fiducioso. La flotta per il G8 avrà anche una presenza-simbolo del «nuovo corso»: 33 esemplari di veicoli elettrici della Global Electric Motorcars, appartenente al gruppo Chrysler.
«Molto soddisfatto, anzi moltissimo» aveva detto in mattinata Montezemolo commentando l’accordo d’Oltreoceano. Per tutta la giornata, oltre a un tam tam di commenti politici (la Lega ha ricordato che se Fiat dovesse ridimensionare degli stabilimenti italiani dovrebbe rinunciare agli incentivi statali), si sono rincorse le richieste per la convocazione di un tavolo ove discutere il futuro degli stabilimenti italiani del gruppo. Nel pomeriggio il ministro dello Sviluppo economico, Claudio Scajola, ha fissato per il 18, giovedì prossimo, la riunione che sarà presieduta da Silvio Berlusconi e alla quale parteciperanno i rappresentanti della Fiat, dei sindacati e delle Regioni che ospitano impianti del gruppo. La presidente del Piemonte, Mercedes Bresso, ha proposto alla conferenza delle Regioni un piano di sostegno da 900 milioni, al quale gli enti potrebbero partecipare per un terzo, con egual concorso di governo, Fiat e aziende del settore auto.
Sotto il profilo sindacale i temi sul tappeto sono i posti di lavoro in Italia. Ieri il ministro del Lavoro Sacconi è stato esplicito: «Noi difendiamo dal punto di vista oggettivo le ragioni dei nostri lavoratori». Gli stabilimenti più esposti sono quelli di Termini Imerese (Palermo, 1.500 dipendenti) e di Pomigliano d’Arco (Napoli, 5mila); il secondo, orientato sulle auto di alta gamma, soprattutto Alfa Romeo (quelle non «incentivate»), in questo momento lavora a singhiozzo, solo una settimana al mese. Ma per queste fabbriche il vero fattore di pericolo, l’integrazione con Opel, in questo momento non è di attualità.
Marchionne, il cui impegno di principio è quello di non chiudere in Italia, è comunque realista e non può sottovalutare la portata della crisi mondiale. Come ha detto all’assemblea della società, ogni problema che dovesse emergere sarà affrontato insieme a tutti gli interessati.
Quanto alla Opel, va registrato che secondo la stampa belga, lo stabilimento di Anversa si starebbe avviando verso la chiusura. Da Berlino il ministro dell’economia britannico Peter Mandelson ha detto di ritenere che Magna non sia la scelta definitiva.
Infine, in una giornata in cui il titolo Fiat ha guadagnato il 2% in Piazza Affari, una bella notizia commerciale: le Poste svedesi hanno ordinato 3mila esemplari del Fiorino Fiat 1.3 multijet con cambio robotizzato a 6 marce, che avranno livrea gialla e logo «Posten». Il primo veicolo è stato consegnato ieri.
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