da Roma
Rilancia la sua idea di una Superlega, conferma di non essere contrario alleventuale arrivo di un investitore straniero per la Roma, dice che Ronaldinho interessa al Milan ma che costa troppo. Nel suo intervento sullemittente Radio Radio Silvio Berlusconi affronta molti temi calcistici. Dopo aver ricordato che dovrà lasciare la presidenza rossonera (ruolo incompatibile con quello di capo dellesecutivo), ripropone un suo vecchio pallino: «I grandi club dovrebbero fare un loro campionato perchè quando si attrezza una squadra che costa tanto non si può pensare di andare in una provincia dove cè uno stadio da ventimila persone e magari nemmeno pieno. Quando si incontrano due grandi squadre, le tv hanno unaudience altissima».
Berlusconi è daccordo sul prendere a modello gli stadi inglesi. «Se una società ha i mezzi per costruire un impianto moderno che si possa vivere tutta la settimana, credo che i Comuni debbano favorirla, con tempi adeguati per la concessione delle licenze». Il Cavaliere svela di non amare molto lOlimpico di Roma: «Lì non godo le partite, la pista di atletica allontana troppo il pubblico. Sono invece innamorato del Meazza, dove lo spettatore è in campo e guarda in faccia i giocatori. Se Roma e Lazio vorranno costruire un nuovo impianto, suggerisco loro che sia solo per il calcio».
Il premier nega la contrarietà a un ingresso del finanziere americano Soros nella Roma: «Questa è una pratica che ormai si è sviluppata in Europa, basti pensare a quello che è successo in Inghilterra con Abramovich. Se entra qualcuno che può rendere felici i tifosi rafforzando la squadra, ben venga». Il leader della Pdl conferma che nel suo governo non ci sarà un ministero dello sport («cè un principio fondamentale, è lindipendenza assoluta, la politica deve stare lontana dallo sport»), infine parla di Ronaldinho: «Siamo ancora desiderosi di averlo e sappiamo che lui vuole venire al Milan. Il Barcellona, però, ha presentato una richiesta che tutti considerano eccessiva. Noi andiamo avanti, sperando di acquistarlo».
Intanto lex direttore generale della Juve Luciano Moggi torna a parlare del famoso 5 maggio: «I nerazurri persero quello scudetto perché erano dei coglioni: pensavano che a Roma (contro la Lazio, ndr) la partita fosse vinta ancor prima di giocarla».
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