Berlusconi marca a uomo i malpancisti

RomaBerlusconi dà il via all’«operazione cemento». Cementare, cioè, il muro del suo Pdl visibilmente sfregiato da crepe profonde. Alcuni deputati sono già stati contattati via telefono, altri verranno ricevuti per un incontro vis à vis. Contatti che proseguiranno domani, quando alla Camera si voterà sul rendiconto generale dello Stato, ma non solo. Anche nei giorni seguenti il Cavaliere ce la metterà tutta per convincere gli scettici. Il problema, infatti, non sarà tanto la votazione di domani quanto quella della settimana successiva. Allora arriverà in Parlamento la legge di stabilità con il maxi-emendamento contenente le misure anti-crisi. E in quella occasione i numeri potrebbero condannare il premier.
Berlusconi lo sa, allertato da tutti gli uomini a lui più vicini, ma spera di superare anche lo scoglio più grande della sua carriera politica. Due le armi a sua disposizione: la prima è quella di fare un accorato appello al senso di responsabilità dei tanti parlamentari scontenti, ribadendo che staccare la spina al governo significa mandare in crisi l’intero Paese; la seconda è quella di paventare il voto anticipato, lasciando intendere che con questa legge elettorale verrebbero naturalmente premiati i parlamentari più fedeli. Ufficialmente la linea del Cavaliere è quella del «resistere, resistere, resistere» sottolinenando che «più che un passo indietro del premier sarebbero le opposizioni a dover fare un passo in avanti per il bene del Paese». In fondo le misure da approvare in fretta sono quelle già vidimate dall’Europa e non si capisce perché dovrebbe essere più credibile un governo appoggiato da partiti (pezzi di Pd e Idv) che nel merito ne contestano la bontà.
Ufficiosamente non si scarta alcuno scenario. Compreso quello di pilotare una propria uscita di scena ma a delle condizioni ben precise. Una delle quali potrebbe essere: garantire il passo indietro ma solo e soltanto dopo che il suo governo è riuscito a portare a casa il ddl stabilità con le misure anti-crisi promesse all’Europa. Così metterebbe all’angolo le opposizioni che dovrebbero decidere se affossare le riforme - e quindi il Paese - pur di disarcionare un Berlusconi già pronto a scendere da cavallo. Magari cedendo le redini a Gianni Letta o ad Angelino Alfano o a un altra personalità, per permettere a Casini di aggiungersi alla carovana della maggioranza. La riprova dell’esistenza di un’ipotesi del genere sta anche nell’apertura ai centristi, fatta ieri da Cicchitto: «Occorre fare un lavoro politico per la costruzione di un progetto e anche di uno schieramento più largo dell’attuale - quindi aperto all’Udc - che consenta di qui al 2013 di fare ciò che è richiesto dall’Europa». Una proposta, quella del votate l’anti-crisi e poi lascio, che resta una delle carte in mano al premier ma che non è detto intenda giocare. Il dialogo con i centristi resta aperto e in questo frangente è soprattutto Denis Verdini a tenere aperti i canali di discussione.
L’altra strada sarebbe quella della prova di forza a oltranza: cadere in Parlamento, additare i responsabili dell’affossamento delle misure anti-crisi e andare all’incasso nelle urne subito, sotto la neve.

Il voto resta possibile anche perché il Cavaliere è convinto che Napolitano difficilmente farà lo Scalfaro, dando la benedizione a un governo retto da tutte le forze che hanno perso le elezioni del 2008. Un vero e proprio ribaltone.

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