Berlusconi: «A marzo nel Pdl troveranno casa due italiani su tre»

RomaIl «grande sogno» di Tatarella, precursore della «Casa comune» del centrodestra, si sta per realizzare. Basterà attendere il 27 marzo, data del Congresso costituente del Pdl, quando «Forza Italia, Alleanza nazionale ed altri partiti, daranno vita al grande schieramento di tutti i moderati che non si riconoscono nel centrosinistra». Per «offrire un motivo di unione» al 65% degli italiani. E «Pinuccio», aggiunge il premier, «avrà sempre il primo posto nel nostro pantheon, tra coloro che devono essere onorati e ricordati». Anche perché «ha sempre messo al primo posto l’alleanza della coalizione», al di là delle fisiologiche discussioni tra alleati.
Silvio Berlusconi rende omaggio al «ministro dell’armonia» del suo primo governo, la cui figura «aleggia ancora tra noi». E lo fa rileggendo innanzitutto un contributo scritto cinque anni fa, in cui il Cavaliere ricordava la nascita del Polo della libertà, capace - dice col sorriso sulle labbra, rivolgendosi a Massimo D’Alema - di «sbarrare la strada ai post-comunisti».
E così, il capo del governo dà il suo personale contributo al convegno organizzato a Montecitorio e dedicato al politico pugliese, esponente di lungo corso dell’Msi e di An, scomparso dieci anni fa, tra i principali fautori del bipolarismo e stimato anche dagli avversari d’un tempo. Non a caso, alla Sala della Lupa, dopo il lungo intervento del presidente della Camera, Gianfranco Fini - con cui l’inquilino di Palazzo Chigi avrà a seguire un breve faccia a faccia - sarà pure l’ex presidente dei Ds a tracciarne un ritratto, per mettere a fuoco la «lezione» ereditata: «La politica, la grande politica» deve avere la «capacità di andare avanti malgrado tutto». Quindi, sul fronte riforme, «bisogna ricominciare a dialogare, guardando ai grandi problemi del Paese, cercando di ascoltare e capire le ragioni degli altri».
E sarà questo il filo conduttore che animerà pure il discorso pronunciato da Fini, secondo cui «oggi il Paese ha bisogno di una corale assunzione di responsabilità da parte delle forze politiche, nel rispetto della distinzione tra maggioranza e opposizione, per realizzare le riforme che sono necessarie e, per certi aspetti, indispensabili per un miglior funzionamento della nostra democrazia».
Un passaggio chiave, pronunciato dinanzi ad una nutrita platea - in prima fila siedono pure Roberto Maroni e Maurizio Gasparri - che sembra puntare l’indice contro la conflittualità politico-istituzionale degli ultimi giorni. Essere «destra di governo», rimarca poi Fini, non vuol dire solo avere i numeri, ma «una cultura di governo, nel rispetto degli avversari e delle istituzioni». E per rivendicare la propria «identità», non vi è bisogno di «gridarla o esibirla in ogni occasione, mostrando i muscoli o alzando la voce».
Messo agli atti il convegno, Berlusconi apre al dialogo richiesto da D’Alema, ricordando di essere «il più moderato di tutti». Poi s’intrattiene per una ventina di minuti con Fini. Un incontro su cui si puntano i riflettori, alla luce delle recenti polemiche sul caso Englaro e dello scontro tra governo e Quirinale. Com’è andata? «Tutto bene, benissimo», spiega il premier.

Anche perché, «non c’era nulla da ricomporre, almeno non da parte mia». D’altronde, prosegue, «non c’è mai stato nessun contrasto, né con Fini né tantomeno con il capo dello Stato». Come al solito, conclude, «sono i giornali che scrivono il contrario della realtà».

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