Berlusconi: Napolitano garante dei decreti

Nell’incontro con il capo dello Stato il leader Pdl ribadisce l’esigenza di varare provvedimenti in tempi brevi: "Ho il dovere di governare". E avverte: ogni dl dovrà avere l’avallo del Quirinale. Il Colle: "Vigilerò"

Berlusconi: Napolitano 
garante dei decreti

Roma - Quarantacinque minuti di colloquio, per fare il punto sulla crisi economica che sta investendo l’Europa e per affrontare anche alcune questioni di politica interna. Accompagnato come al solito da Gianni Letta, Silvio Berlusconi sale al Quirinale poco dopo le 18.30 per un faccia a faccia, dirà più tardi il premier, «cordialissimo come sempre» e «a 360 gradi».

Si parte ovviamente dalle turbolenze finanziarie che stanno investendo i mercati di tutto il mondo. Con Berlusconi che mette al corrente Giorgio Napolitano dei suoi incontri di Parigi e Berlino e della telefonata avuta nel primo pomeriggio con George W. Bush. Il premier resta convinto che la risposta alla crisi debba essere comune e per questo si dice d’accordo con la proposta del presidente americano di convocare un G8 straordinario. «Non ci sono motivi per escluderlo. Tutti i leader - spiega il Cavaliere ai cronisti prima d’incontrare i deputati del Pdl alla Camera - devono essere presenti per evitare il panico».

Ma al Colle si parla a lungo anche di politica interna e dei rapporti tra Parlamento e governo. Napolitano, infatti, ribadisce quanto scritto oggi in una lettera a La Stampa. Sulla decretazione d’urgenza, dice il capo dello Stato al premier, vigilerò come mi impone la Costituzione. Circostanza, questa, su cui Berlusconi si è trovato «assolutamente d’accordo». Il Cavaliere, infatti, sottolinea come la riforma dei regolamenti parlamentari sia ormai «una necessità» perché i tempi di azione e reazione di un esecutivo «devono necessariamente essere rapidi» per poter stare al passo con i tempi. «E io - dice a Napolitano - ho il dovere di governare». Ma, assicura, il Colle sarà tenuto «costantemente informato» ogni volta che ci sarà l’esigenza di affidarsi alla decretazione d’urgenza invece che alle normali vie parlamentari. Insomma, è il ragionamento del premier, il governo farà in modo che sia proprio il Quirinale il garante della sua attività, soprattutto nel caso dei decreti. «Così che nessuno abbia a sostenere - dirà più tardi in privato, rientrato a Palazzo Grazioli - che siamo in un regime».

In serata, durante un incontro con i deputati del Pdl, Berlusconi affronta anche l’impasse sulla presidenza della commissione di Vigilanza Rai. «Non possiamo votare Orlando, non possono chiedere il nostro appoggio per una persona di cui non abbiamo stima. Ci diano una rosa di nomi, ma non ci propongano Giulietti», attacca. D’altra parte, ricorda il premier, «per Mancuso ci furono dodici votazioni e alla fine non riuscimmo ad eleggerlo alla Corte Costituzionale...». E a proposito di Rai il Cavaliere rinnova l’invito a ministri e sottosegretari ad «andare in tv solo se l’informazione è pacata» e «non in trasmissioni con il Di Pietro di turno».
Sul dialogo, invece, nessun ripensamento. Perché «presuppone un minimo di rispetto». Eppoi, dice, il Paese è con noi: «Il gradimento per il premier è al 68,1% e diamo 20 punti di distanza all’opposizione. Casini è sotto il 4%». D’altra parte, la «squadra di governo è solida» e «stiamo mantenendo tutte le promesse». Alitalia compresa, aggiunge. E ancora: «Vi ricordate quante me ne hanno dette quando parlavo della cordata? Bisognerebbe ritirarle fuori quelle dichiarazioni...». Poi, si concede una battuta: «Non chiamatela Cai, Cai, Cai... Cos’è, una cagnara?». E anche sulla social card il governo «rispetterà gli impegni». A partire da gennaio, infatti, tutti i cittadini con un reddito inferiore a seimila euro «riceveranno 480 euro». Della «necessità del federalismo fiscale», aggiunge poi, «ci siamo convinti perché la spesa pubblica delle Regioni del Sud è del 43% in più rispetto alla Lombardia». Insomma, «serviva responsabilizzare le Regioni». Del ddl sulle intercettazioni uscito dal Consiglio dei ministri a giugno, invece, ribadisce di non essere contento.

È troppo ampio, dice ai deputati, riferendosi con ogni probabilità al fatto che su insistenza della Lega il loro uso non è limitato solo ai reati di terrorismo e mafia ma anche alle indagini per reati contro la pubblica amministrazione.

Infine, un richiamo ai deputati dopo lo scivolone della scorsa settimana quando la maggioranza è andata sotto: «Non perdete tempo a replicare loro in Aula. Lasciateli dire e votate».

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