Politica

Berlusconi: nessun rinvio sul Tfr L’ok del governo entro 7 giorni

Il premier: «La riforma della previdenza complementare va avanti, non ci sono contrasti con la Lega»

Antonio Signorini

da Roma

Nessun altro rinvio per il lancio della previdenza complementare attraverso le quote del Tfr. Il decreto non sarà all’esame del Consiglio dei ministri di domani, ma verrà esaminato e approvato la prossima settimana. A garantirlo è stato il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi al termine di una giornata segnata dalla polemica sul terzo slittamento dell’attesa riforma che rafforza i fondi pensione grazie ai soldi del Trattamento di fine rapporto, fino ad oggi trattenuti dai datori di lavoro. Rassicurazioni anche sull’altra grande riforma economica che condivide con il Tfr un iter parlamentare e politico tormentato: quella del risparmio. Sarà approvata «entro la fine della legislatura», ha detto Berlusconi, lasciando il Senato dopo il voto sulla devoluzione.
Per quanto riguarda il Tfr «è tutto regolare, tutto come previsto: andrà al Consiglio dei ministri della prossima settimana. Questa settimana non abbiamo fatto in tempo», ha spiegato il premier interpellato sulla sorte del decreto legislativo e sulle proteste del ministro del Welfare Roberto Maroni. «La riforma del Tfr - ha precisato Berlusconi - andrà avanti e sarà regolarmente all’ordine del giorno del prossimo Consiglio. Nessun contrasto con la Lega».
Il provvedimento dovrebbe quindi essere approvato definitivamente alla prima riunione del Consiglio dei ministri in agenda per la prossima settimana. In ogni caso non ci sarà un altro rinvio e un ulteriore avvicinamento al 5 dicembre, ultima data utile per l’approvazione. A evocare questa prospettiva ieri pomeriggio era stato lo stesso Maroni. «Non ho ancora sentito il premier e non conosco le motivazioni che lo hanno portato a non mettere il Tfr all’ordine del giorno del Consiglio dei ministri di venerdì. Gli chiederò come mai è stata presa questa decisione», aveva protestato il ministro leghista.
Il timore di Maroni è che sia ancora aperta la partita sul merito del decreto. La riforma concordata dallo stesso ministro leghista con le parti sociali prevede, tra le altre cose, una corsia preferenziale per i fondi pensioni chiusi (quelli istituiti prevalentemente da sindacati e associazioni datoriali) e penalizza quelli di mercato. Un aspetto che, alla vigilia dell’approvazione, aveva fatto emergere dubbi all’interno della Casa delle libertà, tanto che il decreto legislativo era stato rinviato alle Camere. In queste settimane il ministro leghista ha tenuto duro sul testo originario e, sostenuto anche da Confindustria e dai sindacati, aveva annunciato la riproposizione del provvedimento senza nessuna modifica. Il decreto - ha confermato ieri Maroni - «è pronto, e giovedì scorso era stato deciso di metterlo all’ordine del giorno di questa settimana». Ma fino a ieri pomeriggio prevaleva l’impressione che si dovesse andare verso un’altra serie di rinvii, tanto che Maroni ha chiesto un chiarimento al presidente del Consiglio.
In serata la garanzia personale del premier. Ancora difficile dire se saranno introdotte modifiche al testo originario. Se ci sono proposte - si è limitato a dire Maroni - andranno discusse direttamente al Consiglio dei ministri.
A favore di una veloce approvazione della riforma, ieri si erano espressi i banchieri, l’Antitrust e anche i sindacati. Le organizzazioni dei lavoratori sono spaventate dall’ipotesi di una rinuncia alla riforma del Tfr.

Ma alla Cgil la garanzia del premier non basta: «Questo tira e molla è davvero inammissibile per qualunque Paese», ha protestato Guglielmo Epifani, leader del sindacato di sinistra.

Commenti