Milano «Non si può rifiutare un'offerta del genere». Pronunciato da Silvio Berlusconi, ieri in Sardegna per gli impegni elettorali, è il grande annuncio atteso da tutti e che rompe il silenzio tattico delle ultime 72 ore. Non si può rifiutare un'offerta del genere: vale per Kakà, ma vale anche per il Milan. Anzi sembra quasi che sia il Milan a spingere Kakà nelle braccia del City e del suo sceicco. «Bisogna mettersi una mano sulla coscienza» è l'altra frase del premier per capire le condizioni dei due soggetti in campo, il brasiliano e il club. «Con Riccardo mi comporterò da fratello maggiore come feci con Sheva al quale non seppi dire di no quando gli venne offerto di andare al Chelsea», l'altro precedente rievocato con le differenze che tutti colgono al volo, l'offerta di 46 milioni di euro per uno considerato avviato verso il declino. Svelato anche un particolare inedito: il colloquio telefonico di ieri mattina con Adriano Galliani, il dirigente schierato in società e pronto a prendersi critiche, insulti e contestazioni, a fare da parafulmine insomma. «Ho già detto a Galliani come la penso ma il mio ragionamento è chiaro: non si può dire di no a un ragazzo che ha una carriera che non è per tutta la vita e che ha le prospettive di avere introiti molto superiori a quelli che prende ora». Semplice: Kakà può, deve partire per l'Inghilterra, operazione da fare a ogni costo. Con un codicillo, che è forse un messaggio per l'agente di Kakà, il papà Bosco, abituato in passato a chiedere e ottenere aumenti in coincidenza con ogni offerta pubblica di opa, ogni richiesta, specie quella del Real Madrid che portò il brasiliano Pallone d'oro uscente a incassare 9,5 milioni di euro netti l'anno. Il codicillo è il seguente: «Non possiamo aumentare lo stipendio che è già elevato perché dovremmo aumentarlo a tutti i calciatori». Nessuno speri in un ritocco.
Eppure i giochi non sono fatti. Lo ripete Berlusconi dalla Sardegna, dove segue la partita in un bar di Nuoro («è tutto ancora per aria»), lo ribadisce a San Siro Galliani, che però ammette: «Non si può pensare che i debiti di una società vengano sempre ripianati dal presidente mecenate. Bisogna trovare un sistema di autofinanziamento, se si vuol sopravvivere. Che cosa è cambiato rispetto a sei mesi fa? Che oggi il mondo vale la metà... Prendere un giocatore al suo posto non serve, non ce ne sono al suo livello».
«Nessuna firma: né Milan, né Kakà», lo annuncia anche Milanchannel, spazzando via tutti gli annunci improbabili come i «boatos» inglesi che accreditano a Ronaldinho una frase catastrofica («Se va via Kakà è un disastro») oppure la storiella del colloquio tra Kakà e compagni, venerdì sera, con l'annuncio del progetto di lasciare subito Milano. L'unico vero sms è quello, scherzoso, di un amico di Riccardino che lo informa su uno sviluppo fantasioso: «Tutto saltato, Digao ha detto no al City».
Nella guerra delle cifre, spuntano finalmente quelle autentiche che si possono iscrivere al bilancio del club rossonero. Il prezzo promesso al Milan dallo sceicco è di 100 milioni tondi tondi di sterline: vuol dire 108 milioni di euro su cui il Milan deve pagare le tasse, l'Irap, 4%, una briciola della torta fantastica. L'altra spesa, determinata dal 5% che dev'essere versato a titolo di meccanismo di solidarietà alla società San Paolo che lanciò il brasiliano, viene liquidato sempre dagli inglesi.
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