Berlusconi al Signor Fiat: «Governo vicino ai lavoratori»

RomaSolide certezze che si accompagnano a un percorso ancora tutto da designare nei suoi dettagli. L’incontro di ieri a Palazzo Chigi tra Fiat, il governo, le Regioni e i sindacati si è concluso con indicazioni precise sul futuro produttivo in Italia del gruppo automobilistico torinese. Restano, tuttavia, da definire le modalità di attuazione delle strategie e i loro risvolti occupazionali.
In primo luogo, l’amministratore delegato Sergio Marchionne ha sostanzialmente confermato i siti produttivi italiani con l’eccezione di Termini Imerese (con la Ypsilon in linea fino al 2011) e delle macchine movimento terra di Cnh. Due le richieste presentate: contare su sostegni stabili da parte dello Stato (ecoincentivi, ammortizzatori e impegno contro l’interventismo in Ue) ed evitare «azioni di conflitto immotivate» da parte del sindacato.
Il governo ha fornito una risposta precisa. Prova ne è stata la partecipazione del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, alla riunione. Oltre ai «complimenti al signor Fiat» indirizzati dal premier ma anche dal presidente Usa Obama per interposta persona, ci sono state due significative prese di posizione. «Il governo sarà vicino ai lavoratori, l’azienda non ha intenzione di delocalizzare gli stabilimenti», ha detto il Cavaliere.
Linee guida che il ministro dello Sviluppo economico, Claudio Scajola, ha successivamente declinato. «Ci sono quattro punti fermi: gli incentivi hanno funzionato, Fiat non chiude gli stabilimenti, le eccedenze di capacità produttiva imporranno ristrutturazioni e la competitività si sosterrà con la ricerca per i prodotti ecosostenibili», ha spiegato. Dinanzi a questo stato di cose l’esecutivo e le Regioni hanno deciso di gestire assieme le risorse (non molte) disponibili aprendo tre tavoli di confronto con l’azienda: sull’andamento del mercato, sul sostegno alla ricerca e sulle piccole aziende della componentistica che stanno soffrendo la crisi.
L’altra questione riguarda l’Europa. Marchionne è stato chiaro: gli ecoincentivi devono stimolare la domanda. E il governo intende farsi interprete di politiche che favoriscano i consumi senza creare distorsioni della concorrenza. I maxiprestiti, come quello tedesco a Opel, non devono, secondo Scajola, trasformarsi in «scelte protezionistiche che portano a crisi ancor più gravi». Il ministro lo ha già fatto presente al commissario alla Concorrenza Neelie Kroes a fine maggio e, se necessario, intraprenderà ulteriori iniziative.
Il problema è la ricezione di queste strategie in ambito sindacale. Le principali organizzazioni non hanno una visione comune. Il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, ha rilanciato la necessità di «un grande patto tra tutte le realtà produttive, azienda e sindacati, e il governo per rendere costruttivo il lavoro responsabile che dobbiamo fare in queste settimane».
In casa Cisl sanno bene che la riconversione industriale di Termini Imerese e le nuove piattaforme previste a Pomigliano non sono problematiche liquidabili con un’opposizione pregiudiziale. L’importante è che il governo metta a disposizione le risorse sufficienti affinché nessuno sia lasciato indietro. Sulla stessa lunghezza d’onda si è collocato anche il leader della Uil, Luigi Angeletti. «Noi siamo disponibili verso tutto ciò che può far aumentare la produzione - ha affermato - purché ci sia un futuro per la Fiat in Italia». Preoccupazioni condivise anche dall’Ugl di Renata Polverini.
Opinioni che non collimano con quella di Guglielmo Epifani, segretario generale della Cgil.

«La riconversione di Termini non la possiamo accettare - ha esordito - perché deve continuare a produrre automobili». Certo, la Cgil «non vuole creare contrapposizioni» ed è pronta a cooperare. Ma fino a che punto? La Fiom, l’organizzazione di categoria, ha già fatto sapere che il piano Fiat è «inaccettabile».

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