Berlusconi: "Spero che l’Italia non diventi come Roma"

L’ex premier torna all’attacco sull’emergenza immigrazione: "La Bossi-Fini è stata disapplicata e tra i cittadini è crollata la percezione della sicurezza". Affondo contro il centrosinistra: "Vogliono far credere che sia una capitale ordinata quando è in preda al degrado. E la colpa non è certo nostra". No all'autodifesa: "Giusto pretendere protezione ma sono contrario alle ronde"

Berlusconi: "Spero che l’Italia 
non diventi come Roma"

nostro inviato a Verona

Il governo Prodi è stato «improvvido e irresponsabile» nella politica di «apertura dissennata delle frontiere», ma l’emergenza per la criminalità straniera è tale che Silvio Berlusconi apre uno spiraglio di dialogo: «Mi auguro che per il decreto legge delle espulsioni si possa arrivare a una convergenza su una soluzione condivisa. Lunedì ci riuniremo per esaminare il testo parola per parola, poi decideremo se votarlo o no. Sono d’accordo con il ministro Amato sul fatto che il problema della Romania vada affrontato in ambito europeo. La sicurezza è un problema molto grave e dobbiamo essere compatti perché spero che l’Italia non diventi come Roma».
Il leader del centrodestra, a Verona per partecipare al convegno di due giorni promosso dalla minoranza dell’Udc che fa capo a Carlo Giovanardi, cita i dati più recenti. «In Italia il 36 per cento dei crimini è commesso da stranieri, la percentuale sale al 50 nel Nord toccando punte del 60 in zone come la provincia di Treviso. Non si può avere l’impudenza di attribuire a noi le colpe di questa situazione, come ha detto Prodi l’altro giorno. Abbia almeno il pudore di stare zitto, non si può approfittare di queste cose per fare propaganda politica. La legge Bossi-Fini aveva ridotto del 51 per cento gli ingressi, noi avevamo firmato accordi con tutti i Paesi rivieraschi del Mediterraneo, avevamo introdotto il poliziotto di quartiere e certi reati, quelli che colpiscono più da vicino la gente come scippi e furti d’auto, sono calati quasi della metà. Tutte cose che questo esecutivo ha disapplicato con furore giacobino, attuando una politica di porte aperte a chi viene in Italia senza lavoro e senza casa. Gente spinta a delinquere per sopravvivere».
E il decreto «pecetta»? Non è un attacco al centrosinistra? «No, non ho attaccato nessuno, io mi sono limitato a difendere il mio governo. Ho definito il decreto una pecetta perché, secondo me, si è voluto trasformare frettolosamente un disegno di legge per coprire l’immagine del sindaco della capitale. Roma è circondata da favelas, la criminalità dilaga anche nelle zone-bene dove sono stati aggrediti Sposini e un nostro regista, e con tutto ciò si vuole farla passare per una città ordinata quando non lo è. E non si può avere l’impudenza di attribuire la responsabilità degli ultimi gravissimi fatti al precedente governo. Rutelli dice che ho una faccia di bronzo? Be’, di essere bello lo so, ma di bronzo no».
Tra gli applausi dei mille che affollano l’auditorium della fiera scaligera, Berlusconi mette in guardia: «Il compito di garantire la sicurezza è dello Stato. E il compito dei cittadini è di fare pressione perché ciò accada, non di farsi giustizia da sé. Sono contrario all’autodifesa e contrarissimo alle ronde, anche se mi rendo conto che negli ultimi mesi è crollata la percezione della sicurezza. Lo Stato non ha fatto tutto quello che poteva».
E continua a non farlo, aggiunge il capo dell’opposizione. «Oltre alla dissennata politica delle porte aperte per ottenere il voto degli stranieri, hanno diminuito i fondi alla polizia che deve combattere la clandestinità e la delinquenza - spiega Berlusconi -. C’è una radice ideologica in tutto questo. La sinistra è più vicina al criminale che alla vittima, perché pensa che il criminale sia frutto della società capitalistica corrotta. Per loro le forze dell’ordine sono proletari traditori che si sono venduti allo Stato borghese basato sulla proprietà privata. Invece lo Stato non deve rinunciare all’uso della forza per garantire ai cittadini il diritto alla sicurezza e a una vita serena».
Ma la strada del governo è dettata dalla sinistra radicale, che oltre alla linea morbida sull’immigrazione ha imposto l’inasprimento fiscale («in obbedienza al credo marxista di togliere alla classe sociale nemica»), gli attacchi alla Chiesa, il blocco alle nuove infrastrutture, il ritorno dello statalismo («odiano le imprese e gli imprenditori perché odiano tutto quello che lo Stato non può controllare»). «Di recente ho incontrato Schroeder a casa di Putin - racconta il Cavaliere -. Mi ha detto che se si fosse alleato con la sinistra radicale tedesca sarebbe ancora tranquillamente premier. Ma non ha voluto farlo perché è impossibile governare con chi fa ancora perno sul marxismo-leninismo, crede nella rivoluzione ed è contro gli Stati Uniti».
Così, la sinistra moderata italiana ha di fronte due strade: «O dice sì ai diktat dei no-global e degli ambientalisti, oppure va a casa. E non possono permetterselo perché sono professionisti della politica». Non andranno a casa neppure domani con il primo voto sulla Finanziaria. «È un voto preliminare di costituzionalità - dice Berlusconi -, un voto facile. La sinistra ha interesse a far proseguire la legge di bilancio per spremere soldi con gli emendamenti.

Secondo i nostri calcoli, la spesa è già aumentata di cinque miliardi di euro. Questa non è una Finanziaria, è un bancomat. Le pressioni faranno implodere il governo perché la parte più avveduta della maggioranza non potrà votarla. Non ho mai parlato di spallata: Prodi cadrà per mano dei suoi».

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