da Milano
Era oltre un anno, dal 2 dicembre 2006, che Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini non si presentavano fianco a fianco sullo stesso palco. Quindici mesi lunghissimi, se da allora si è passati tra alti e bassi dal «sogno» del partito unico alle frizioni post Finanziaria fino all’ormai celebre predellino. Quindici mesi che si chiudono con l’apertura formale della campagna elettorale al Palalido di Milano e la consacrazione del Popolo della libertà, un passo decisivo vero il partito unico che - spiega il Cavaliere davanti alla sua residenza milanese di via Rovani - «arriverà entro l’anno». Non è un caso che nel cedere la parola al «caro Silvio», Fini sottolinei come solo «uniti si governa» e «si cambia l’Italia».
Il Berlusconi che arringa il Palalido entra subito nel vivo della campagna elettorale, attacca Walter Veltroni e demolisce il programma del Pd. «Tutti - dice - vi siete accorti che la campagna elettorale della sinistra è quasi finita perché i fuochi d’artificio di Veltroni sono al termine. Ha detto vado solo, senza alleanze. Ma è stata una finta perché hanno aggregato radicali e giustizialisti. Si troveranno insieme cattolici e mangiapreti, una cosa inconciliabile». E ancora su Veltroni: «L’innovatore, il giovane praticante della politica, il sindaco moderno che invece di laurearsi si è diplomato in fiction e in politica ci sta da 40 anni». Poi giù duro su Massimo D’Alema: «È primo in lista a Napoli per coprire le malefatte di Bassolino e fa politica da 45 anni. Certo, hanno anche dei giovani: sono Rutelli e Franceschini che in politica ci stanno da 35 anni». Affondo decisivo sul programma, con tanto di gestualità eloquente: «Nel 2006 ne hanno presentato uno di 281 pagine. Prima lo hanno tenuto nel cassetto e alla fine lo hanno buttato in un cestino. Di fronte alla figuraccia pubblica si sono riuniti a Caserta e ne hanno presentato uno nuovo. Dodici punti, ma non ne hanno presentato nemmeno uno in Parlamento». E strappando platealmente i fogli che gli stanno davanti per poi gettarli dietro le spalle conclude: «Non perdete tempo a esaminare il programma della sinistra, è carta straccia». Un affondo che provoca la reazione di Veltroni. «Noi - ribatte - il programma altrui lo rispettiamo, strapparlo fa tristezza». Parole cui segue la controreplica di Paolo Bonaiuti: «Berlusconi non si è mai sognato di stracciare il programma della sinistra. Ha detto solo che quando la sinistra arriva al potere straccia i suoi programmi».
Si passa ai sondaggi. Che, spiega il Cavaliere, «ci dicono che ci toccherà davvero pensare al governo del Paese». E ancora: «Siamo un po’ matti ad andare al governo in Italia dopo il disastro della sinistra e la difficile situazione internazionale, ma non ci sono alternative e troveremo il dovere e il coraggio di farlo». Poi, dice di essere «molto preoccupato» per il modo in cui «ci accolgono in giro per l’Italia». Perché c’è «un’aspettativa tale che certe volte penso che tutti credano che abbiamo la bacchetta magica». Il Cavaliere elenca quindi gli obiettivi del Pdl nel caso di vittoria elettorale. Tra i punti principali la sicurezza: «Aumenteremo i poliziotti e i carabinieri di quartiere per averli in tutte le città italiane dai 15mila abitanti in su». E tra i provvedimenti da approvare nel primo Consiglio dei ministri, oltre all’abolizione dell’Ici, alla detassazione degli straordinari, all’introduzione del bonus bebè, ci saranno interventi grazie ai quali «chiuderemo la porta agli immigrati clandestini, accogliendo in Italia solo chi viene per lavorare».
Infine, «consigli» per il voto in salsa bipolare: «Le uniche due forze politiche che possono ottenere la maggioranza per governare sono il Pdl o il Pd. Se si vuole impedire la vittoria del Pd, l’unica via efficace è votare Pdl.
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