Berlusconi taglia corto e aspetta al varco i finiani. "O con me o contro di me"

Sempre più vicina l’ipotesi delle elezioni anticipate. Domani decisivo il vertice della maggioranza

Berlusconi taglia corto e aspetta al varco i finiani. "O con me o contro di me"

Roma - Archiviati i toni concilianti del discorso in Parlamento, Berlusconi sfodera quelli più duri dell’aut aut: «O con me o contro di me». Ossia: «Se il governo riesce ad andare avanti spedito bene, altrimenti saranno elezioni». Il primo momento di chiarezza si avrà questa mattina, quando si affronterà il delicato tema del rinnovo delle presidenze delle commissioni. Il secondo domani, quando ci sarà un incontro tra i presidenti dei gruppi di Camera e Senato che hanno votato la fiducia al governo (quindi anche Fli, Mpa e Noi Sud) per esaminare le più rilevanti questioni dei lavori. Insomma, una sorta di road map delle prossime settimane. E quello sarà il momento in cui i finiani verranno stanati sulle loro reali intenzioni. Se vorranno, cioè, mettere i bastoni tra le ruote o lavorare di concerto con Pdl e Lega.

In questo momento, comunque, sembra prevalere la linea della fermezza anche se le colombe non hanno smesso di volare sopra palazzo Grazioli nel tentativo di trovare accordi con gli (ex?) alleati, specie in tema di giustizia. Proprio su questo fronte anche ieri sono state scintille con i futuristi sebbene non è detto che il casus belli possa arrivare sul campo giudiziario. L’ipotesi di elezioni anticipate resta la più accreditata visto che l’accelerazione del leghista Maroni («Senza conferma che la maggioranza c’è, meglio andare al voto subito. Se no si rischia di fare la fine del governo Prodi») non ha trovato particolari freni neppure da parte pidiellina. Il Berlusconi muscolare di Milano pare orientato al muro contro muro con i finiani che giurano fedeltà al programma di governo ma assicurano battaglia su tutto il resto. Tatticismi che il premier non è più disposto ad accettare e che valuta come «insopportabili giochi di Palazzo».
Fare la voce grossa e obbligare Fini a buttare giù le carte, per Berlusconi, ha un duplice vantaggio. Il primo: verificare sul campo quanti futuristi sarebbero disposti ad affossare l’esecutivo.

In fondo non c’è un idem sentire tra le truppe di Fini che potrebbero anche spaccarsi. Inoltre dovrebbero assumersi loro la responsabilità di aprire la crisi e poi spiegarla agli elettori. Se poi davvero si arrivasse ora al patatrac, il Fli non è ancora organizzato sul territorio e, soprattutto, Fini è ancora invischiato nel pasticcio di Montecarlo su cui non ha ancora chiarito, perché forse non può. Altro elemento: anche se le trattative per un eventuale terzo polo sono in corso, gli accordi sono lontani dall’essere perfezionati.

Tuttavia quella che sembra essere la strategia dominante di Berlusconi in questo periodo, ha qualche incognita. La prima: se si aprisse formalmente la crisi di governo, non è detto che il Quirinale decida di sciogliere le Camere e indire nuove elezioni. Certo, lo spazio per un governo tecnico sarebbe risicatissimo, specie a palazzo Madama, e riceverebbe l’ossigeno per sopravvivere grazie al voto dei senatori a vita. Questo visti i numeri attuali. Una precisazione non peregrina perché, in ambienti pidiellini, si valuta il rischio che qualcuno possa cedere alla tentazione di appoggiare un altro esecutivo pur di non mollare la poltrona di palazzo Madama che significa qualcosa come 13 mila euro al mese. Da tempo, poi, si mormora di un Beppe Pisanu tentato di indossare la casacca di Futuro e Libertà. Un salto che non farebbe da solo anche perché si dice che «l’ex ministro dell’Interno potrebbe portarsi dietro altri tre senatori».

Insomma, l’azzardo che un governicchio tenuto insieme col Vinavil, visto che vedrebbe assieme da Di Pietro a Fini passando per Bersani, Rutelli e Lombardo, potrebbe anche andare in porto qualora nascesse col programma minimo di modificare la legge elettorale. Contro questa soluzione gioca il fatto che sia Berlusconi sia Bossi denuncerebbero il «ribaltone» un minuto sì e l’altro pure, titillando una piazza già esasperata dai giochi di palazzo.

Ecco perché le quotazioni relative a un ritorno alle urne restano ancora alte. Il freno principale alla crisi e alla conseguente invocazione delle elezioni anticipate rimane tuttavia l’economia. I mercati finanziari infatti potrebbero far pagare a caro prezzo l’instabilità italiana.

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