Politica

Berlusconi: tempo scaduto per il dialogo

Fabrizio de Feo

da Roma

La controffensiva del centrodestra sul proporzionale è un colpo duro da incassare. Una prova di forza inattesa che semina dubbi nella mente dei leader dell’Unione e fa spuntare all’orizzonte lo spettro di una possibile rimonta. E così Piero Fassino, spiazzato dalla compattezza della maggioranza, tenta di uscire dall’angolo e rimescolare le carte, lanciando un amo verso la Casa delle libertà. «La partita non finisce qui. Ora il centrodestra tratti con noi per modificare la legge elettorale al Senato» intima il segretario Ds.
La richiesta viene ascoltata e ponderata da Silvio Berlusconi. E poi prontamente rispedita al mittente. «Siamo fuori tempo massimo, ormai il provvedimento è stato già licenziato alla Camera» dice il premier chiudendo la porta a possibili modifiche. Fassino, però, non demorde. «Il Senato ha la stessa titolarità di discutere, approvare, respingere o cambiare una legge, come ce l’ha la Camera. Quindi quando si andrà in Senato si discuterà». Il premier questa volta non replica. Piuttosto si concentra sul provvedimento appena approvato sulla cui legittimità, ci tiene a sottolineare, non si addensa alcuna nube. «Dubbi sulla costituzionalità della nuova legge elettorale non ce ne sono. Per disegnare la riforma il governo ha attinto dai migliori costituzionalisti del Paese» puntualizza il presidente del Consiglio.
Berlusconi ci tiene anche a replicare alle accuse di immobilismo politico lanciate da Romano Prodi. «Ho visto una conferenza stampa in cui a una domanda sulle infrastrutture, Prodi rispondeva dicendo che non abbiamo fatto nulla» ricorda il premier. «Non capisco come si faccia a negare la realtà. Il Mose e il Ponte sullo Stretto sono opere epocali». Il presidente del Consiglio parla nella sala stampa di Palazzo Chigi, dove si alternano vari ministri per illustrare i provvedimenti approvati dal governo. Berlusconi chiama prima Gianni Alemanno per fargli annunciare il no dell’Italia alla proposta avanzata dalla Commissione Ue che punta a tagliare la produzione italiana di zucchero. Poi chiede a Giulio Tremonti di sedersi al suo fianco per spiegare il decreto taglia-spese. Con Letizia Moratti annuncia il decreto sulla riforma della scuola e si fa portare in sala Giorgio La Malfa per presentare la strategia italiana sull’Agenda di Lisbona. Alla fine degli interventi, il premier precisa che «sono infondate le accuse che arrivano, e non solo dall’opposizione. Il mio è un governo in pienissima attività. Abbiamo un programma che vogliamo portare a termine per presentarci agli italiani nel 2006 realizzandolo quasi al 100%».
Gli attacchi dell’opposizione e i proiettili verbali di Prodi se da una parte conquistano l’attenzione del premier non riescono certo a scalfirne l’autoironia. La conferma arriva quando è lo stesso Berlusconi a dirigere il discorso verso la foto di un suo «assopimento» alla Camera. «Il nostro governo è in piena attività. Poi mi accusano di essermi appisolato alla Camera mentre ascoltavo gli interventi degli esponenti della sinistra ma ho sentito tutto e mi sembravano sogni da incubo. Oltretutto, quando il capo chiude gli occhi - aggiunge sorridendo - non si appisola mai ma riflette».
Il buonumore del premier è, ovviamente, figlio della ritrovata compattezza della maggioranza dimostrata in aula. Ma ora Berlusconi chiede agli alleati di trasformare quella disciplina in una vera e propria regola di condotta da qui alla fine della legislatura. «Alla Camera la maggioranza ha raggiunto un ottimo risultato, ha dato la dimostrazione che quando è compatta raggiunge sempre gli obiettivi» dice il premier in mattinata, durante il Consiglio dei ministri. La compattezza è vincente e un comportamento di questo tipo dovrà essere adottato anche per i prossimi passaggi parlamentari, ovvero devoluzione e legge finanziaria. «Uniti e tranquilli vinciamo» ribadisce alla sua squadra di governo. Un messaggio che per Berlusconi è importante trasmettere anche all’esterno, ai cittadini, con comportamenti coerenti. Alla fine del suo intervento, il plauso di tutti i ministri è convinto e si traduce in una promessa di unità fatta propria all’unisono da tutti i presenti.

Una sorta di «patto di fedeltà» che dovrà reggere all’impatto e alle insidie della campagna elettorale.

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