Bersani promette: «Noi mai faziosi» Ma dimentica Coop, Unipol e Ocalan

Non era a suo agio Pierluigi Bersani davanti alla telecamera di Youdem mentre registrava il videomessaggio di ieri. Non soltanto per le difficoltà con il mezzo televisivo: è che provava anche imbarazzo per le cose che sosteneva. «Noi governiamo per tutti. Non mettiamo la faziosità della politica nella vita comune dei cittadini», ha detto tra l’altro. La sinistra non faziosa è una novità clamorosa. Forse il segretario del Pd non è lo stesso Bersani che da ministro approvò le «lenzuolate» finto-liberalizzatrici a uso e consumo del sistema cooperativo rosso. Sarà stato un caso, ma le sorelle della grande distribuzione Legacoop erano pronte da tempo ad aprire le parafarmacie negli ipermercati quando l’allora ministro dello Sviluppo economico concesse questa possibilità.
Forse Romano Prodi, per due volte presidente del Consiglio di centrosinistra, non è lo stesso Prodi che da presidente Iri voleva cedere per quattro soldi la Sme a Carlo De Benedetti, e obbedì all’utilità pubblica quando di fatto regalò «non faziosamente» l’Alfa Romeo alla Fiat. E magari Carlo Azeglio Ciampi, premier «tecnico» di un governo infarcito di personalità di sinistra, fece l’interesse di tutti quando dichiarò lo stesso De Benedetti vincitore della gara d’appalto per il secondo gestore dei telefonini italiani: era il 28 marzo 1994, giorno della prima vittoria elettorale di Silvio Berlusconi.
Probabilmente non c’era la sinistra al governo quando furono varate leggi finanziarie che esentavano dall’Ici i depositi agricoli delle coop e contestualmente tentavano di imporre l’Ici agli immobili della Chiesa con una specie di «tassa sulla carità». Forse non erano di sinistra i politici che, nel bel mezzo di una colossale speculazione finanziaria, esultavano perché «abbiamo una banca».
«Non mettiamo la faziosità nella vita comune», dice Bersani. Chissà se non ricorda di come la sinistra si battè per far rientrare in Italia Silvia Baraldini, condannata negli Stati Uniti per reati terroristici, estradata dal governo D’Alema in cambio - si mormora - della benevolenza per la strage del Cermis, e ora libera cittadina in virtù dell’indulto varato dal governo Prodi. E sfugge alla labile memoria bersaniana un altro trattamento di favore «non fazioso» a un personaggio legato al terrorismo internazionale. È il caso di Abdullah Ocalan, che sbarcò in Italia scortato dal compagno bertinottiano Ramon Mantovani certo di ottenere asilo politico. È senz’altro nel nome del pubblico risparmio che le assicurazioni Unipol hanno il monopolio di fatto nelle Regioni governate dalla sinistra. Mezzi pubblici, auto blu, immobili appartenenti a Comuni e Province, consorzi, comunità montane, aziende sanitarie: tutti assicurati con la compagnia che fa capo alla Lega delle cooperative. Ed è ancora in nome del bene comune, e non di una disdicevole faziosità, che le Regioni rosse ostacolano sistematicamente i provvedimenti dei governi di centrodestra che le riguardano: un esempio per tutti, il piano casa che ancora non riesce a decollare perché viene boicottato dagli enti locali.
Bersani vuole far credere che i partiti della sinistra non hanno mai portato in Parlamento mogli, portaborse, addetti stampa. Che non hanno mai depauperato i bilanci degli enti loro affidati dagli elettori, distribuendo lauti contributi e ricche consulente agli amici e agli amici degli amici. Nel 2008 un dossier redatto dal ministero di Renato Brunetta documentò gli sprechi in migliaia di pagine: per dirne una, Sergio Cofferati da sindaco di Bologna affidò quattro consulenze ogni giorno, comprese ferie e festività.


E per restare in Emilia Romagna, patria di Bersani (ne fu anche presidente), è nel cuore della Regione simbolo del «buon governo» non fazioso della sinistra che un anno e mezzo fa scoppiò lo scandalo della cooperativa Terremerse, presieduta dal fratello del governatore Errani e destinataria di strani finanziamenti su cui indaga la magistratura. Ma «noi governiamo per tutti», proclama il leader del Partito democratico.

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