Gianni Pennacchi
da Roma
Un premier e 25 ministri, 72 tra sottosegretari e viceministri... da Palazzo Chigi la moltiplicazione dei pani e dei pesci si fa contagiosa, ora sallarga a Montecitorio. Che anche Fausto Bertinotti abbia fatto sua la teoria di Romano Prodi, secondo il quale laumento di poltrone e strapuntini è finalizzata ad una «organizzazione che affronti in modo efficace i problemi del Paese»? Tantè che alla macchina camerale stanno per nominare un altro vicesegretario generale, e non è escluso che ciò avvenga già nellUfficio di presidenza convocato oggi.
Sarebbe il quinto. Mentre al Senato i vicesegretari sono due, e alla Corte costituzionale cè soltanto un vice. Al Quirinale poi, con lavvento di Giorgio Napolitano (e del segretario generale che ha nominato, Donato Marra) è stato abolito il vicario introdotto da Gaetano Gifuni, tornando così alla sobrietà che vuole lunico vicesegretario del più alto colle occuparsi del bilancio. Si dirà che Montecitorio è il ramo più pesante del potere legislativo, conta 1.900 dipendenti e dunque al segretario generale occorre un numero adeguato di vice. Però ancora nel 97, quando i dipendenti di Montecitorio erano più o meno quelli, 1.872 per lesattezza, si contavano soltanto tre vicesegretari generali ed un estensore del processo verbale.
La motivazione formale per questa nuova nomina poggerebbe sulla necessità di sostituire Carlo Goracci, senese, emerito e stimato vicesegretario andato in pensione appena a maggio. Goracci è unistituzione parlamentare, conosciuto e apprezzato da generazioni di deputati, la sua professionalità è così riconosciuta da sollecitarlo a restare a palazzo con un incarico parziale, operativo sebbene gratuito. Comunque, il suo pensionamento poteva fornire loccasione per rastremare il vertice degli alti incarichi e tornare allaurea sobrietà dei grand commis. Pare invece che non sia così, anche se non è facilmente comprensibile la necessità e tanto meno lurgenza di questa nomina. In verità, molti componenti dellUfficio di presidenza - lievitato anchesso in questa legislatura: essendo saliti i deputati segretari da 11 a 16, ora sono in 24 compreso Bertinotti - ancora ieri sera non sapevano nulla di questa storia, tanto meno dellurgenza di trovare un successore a Goracci. Ed è singolare che per questo nuovo vicesegretario generale non ci sia una rosa di candidati, da sottoporre alla scelta dellUfficio di presidenza. Perché anche dovendo farlo a forza e tambur battente, non è che manchino aspiranti meritevoli tra i funzionari camerali. Però la rosa ha un solo petalo, cè un candidato unico per niente misterioso, pur se poco noto a molti dellUfficio di presidenza, prescelto tra i responsabili dei servizi amministrativi. Come se questa nomina dovesse passare in fretta, senza poter attendere lautunno né un sufficiente rodaggio dellUffico che deve decidere, in modo che non ci sia discussione.
Difficile pensare che Bertinotti non ne sappia nulla, e che il progetto sia maturato unicamente nellufficio del segretario generale, Ugo Zampetti. Il quale ricopre questo incarico ormai da tre presidenti, Luciano Violante che lo ha nominato, poi Pierferdinando Casini ed ora Bertinotti. Senza dubbio un grand commis. Così conscio e preso dal suo ruolo, che quando entra a palazzo, da qualunque ingresso grande o piccolo che sia, anche se ci sono soltanto due commessi sulla porta, il minimo indispensabile, uno deve scattare a fargli strada e scortarlo, aprire i battenti e chiamar lascensore.
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