da Roma
In un solo momento ha contraddetto il presidente del Senato Franco Marini, ha sconfessato Romano Prodi e ha preso le distanze dal ministro Clemente Mastella. Dal suo ruolo istituzionale di presidente della Camera, ieri Fausto Bertinotti ha parlato della polemica sulla trasmissione di Michele Santoro Annozero e sul «linciaggio mediatico» denunciato dal Guardasigilli.
E lo ha fatto davvero in modo istituzionale, senza curarsi di rispettare la linea del presidente del Consiglio, lo sfogo di Mastella, le esternazioni a sua difesa di Marini e il vento tutto a sfavore di Santoro nella maggioranza. Bertinotti ha affidato il suo pensiero controcorrente a una nota ufficiale: «Nessuno deve essere messo alla gogna - ha scritto -. Ma il diritto alla critica in generale e il diritto di criticare la politica nelle sue manifestazioni in particolare sono una prerogativa senza la quale un sistema informativo perde la sua vitalità».
Prodi si era lasciato andare venerdì. Gli era scappato detto, salvo poi rettificarsi, che Santoro «non è stato professionale» nella conduzione della trasmissione a cui hanno preso parte come ospiti i giudici scomodi Clementina Forleo di Milano (che si occupa del caso Unipol-ds) e Luigi De Magistris di Catanzaro (titolare dell’inchiesta Why not in cui è coinvolto anche Prodi e trasferito da Mastella). La solidarietà a Mastella, eccetto che dalla sinistra radicale, era arrivata da altri ministri, come Livia Turco e Rosy Bindi. Anche Repubblica ieri titolava il suo editoriale su Annozero: «Messaggi barbarici».
Ma ieri hanno suonato l’allarme Antonio Di Pietro e Bertinotti. L’ex Pm, sensibile alle trombe dell’antipolitica, vicino ai giudici e lontano da Mastella, lo ha fatto in modo più tattico, invitando tutti a «non berlusconizzarci». Santoro fino un paio d’anni fa era il mito catodico della sinistra. Ora diventa non professionale e quasi barbaro: «Ritengo che sia un errore grave - ha avvertito quindi Di Pietro - cercare di fermare l’informazione che non piace».
Bertinotti ha scelto invece la via del «pensare in grande». Ed è parsa quindi, la sua, una rettifica dell’intervento di Prodi: «In questa difficile fase di transizione che il Paese sta vivendo - ha scritto ancora - di tutto c’è bisogno, tranne che di censure. Discutiamo della missione del servizio pubblico e lasciamo a chi dirige le impegnative trasmissioni di attualità la libertà e la responsabilità di condurle. La politica riacquista autorevolezza dimostrando di saper pensare in grande».
Bertinotti ha poi ricordato che «la difesa e la valorizzazione delle autonomie sono uno dei fondamenti della nostra Repubblica». Ma ha sottolineato come si stia «facendo torbido in modo preoccupante il rapporto tra la politica e la magistratura e tra la politica e il sistema radiotelevisivo».
Dagli Stati Uniti, dove ha tenuto una conferenza a Long Island, Mastella ha chiarito di non aver paura né degli uomini («sono stato passato ai raggi x nella prima e nella seconda Repubblica), né della sua coscienza («ce l’ho a posto)». Dal suo partito il capogruppo alla Camera Mauro Fabris ha invitato Bertinotti a «intervenire sulla tv pubblica affinché si eviti fin da ora che un ministro della Repubblica possa essere linciato dalla Rai».
Sul caso del giorno è intervenuto anche il presidente di Confindustria Luca Cordero di Montezemolo, da Capri: «Non ricavo nessuna soddisfazione dallo spettacolo di una classe politica sbeffeggiata in pubblico». Ma anche a sinistra iniziano a levarsi voci di autocritica sull’atteggiamento nei confronti di Santoro e dei magistrati ospiti in tv. Rosy Bindi ieri ha equilibrato il suo pensiero: «Il magistrato non deve chiamare l’opinione pubblica dalla sua parte, ma i politici non devono essere sfiorati mai dall’idea dell’impunità».
Dal centrodestra nessun applauso a Santoro, ma un po’ d’ironia per la sua improvvisa demonizzazione: «Santoro non mi piaceva quattro anni fa e non mi piace neanche adesso - chiarisce Gianfranco Fini -. C’è a sinistra un’ipocrisia francamente intollerabile». La reazione della sinistra ad Annozero? «Meglio tardi che mai», ha risposto Berlusconi.
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