Se per variare, invece di azzannarsi, Cdl e Unione gareggiassero in ecumenismo, avrebbero ciascuna il proprio campione. Per la destra scenderebbe in lizza, il biondo Gianni Letta, pupillo del Cav. Per la sinistra, lo stempiato Goffredo Bettini, senatore ds.
Eccoli entrare nellarengo. Letta, grazioso come un cerbiatto e impeccabilmente vestito. Bettini, corpulento come un orso e con labito allultimo stadio di decomposizione. Ma i due invece di incrociare le armi, si abbracciano e fanno il giro dellarena tenendosi per mano. Ogni po' si fermano e si cedono il passo. Lamabilità del duetto si irradia sugli spalti. Gli spettatori di destra e di sinistra si guardano inteneriti e, buttando a mare un quindicennio di bipolarismo litigioso, fraternizzano. Il velo lieve della concordia nazionale scende sullItalia, mentre Gianni e Goffredo librati nellaria benedicono il popolo pacificato.
Congediamo adesso il dottor Letta, ringraziandolo per essersi prestato a inquadrare il meno conosciuto sen. Bettini. Il nostro Goffredo è infatti un uomo di tale riservatezza che, malgrado sia unautentica potenza, è ignoto alla maggioranza degli italiani.
A Roma però nulla si fa senza Bettini. Il cinquantaquattrenne è il più autorevole ds della capitale, da lustri in mano alla sinistra. È dunque il padrone capitolino, sia pure in veste di eminenza grigia.
Goffredo è linventore del cosiddetto «modello Roma». Fondato sul paternalismo, esige che i ds siano saldi al comando. In tal caso la Sinistra, anziché chiudersi egoisticamente, dialoga con lintera città e la sommerge di circensi: notti bianche, rock e maratone. Attrae cattolici, preti, imprenditori, periferie disagiate, immigrati, zingari. Nello schema, cè posto anche per lopposizione di destra, se lo desiderasse, per no-global ragionevoli e neofascisti annacquati. Lessenziale è che i ds conducano i giochi.
Per uscire dallastrattezza, Bettini è lartefice della giunta romana, con Walter Veltroni sindaco, che unisce i criptodemocristiani di Ciccio Rutelli e i rifondazionisti di Nunzio DErme, noto spruzzatore di letame su Palazzo Grazioli, residenza romana di Silvio Berlusconi. Un arcobaleno politico che da anni governa la città e che Prodi ha poi imitato accogliendo nella sua maggioranza una santa donna come la teodem Paola Binetti e stinchi di santo come i rifondazionisti pregiudicati, Ciccio Caruso e Daniele Farina.
Goffredo è, dunque, lantesignano di Romano. Fu anche il primo a prefigurare il futuribile Partito democratico, sempre nella logica di unire baciapile e mangiapreti, sazi e digiuni e ogni opposta varietà. È lultimo produttore di idee di una sinistra carponante. È luomo che fece sindaco Rutelli nel 1993. Quando glielo propose, Cicciobello era in forte declino. Fu talmente felice alla prospettiva che esclamò: «Se voi ds mi candidate vado a piedi fino a Milano». Goffredo aveva calcolato che il futuro Piacione, allora trentottenne, belloccio, né carne né pesce, di buona famiglia «poteva - sono parole sue - allargare linfluenza della sinistra e portare voti dei giovani, delle donne, del generone romano». Pur essendo un comunista a 24 carati, Goffredo sa quando far fare un passo indietro al suo partito e utilizzare ai suoi fini quelli che quarantanni fa erano chiamati gli «utili idioti».
Il senatore è uno stratega allantica, non ambisce al potere personale, è votato alla causa. Su di lui, il vostro cronista non ha raccolto che elogi. Quelli di sinistra, parlando di Goffredo si alzano per deferenza. Il suo arrivo nelle feste progressiste romane è preceduto dal mormorio «arriva Bettini» e subito gli si forma attorno un capannello. Quando va in visita pastorale nelle sezioni ds il dirigente esclama: «Senza Goffredo non saremmo il primo partito di Roma» e scroscia lapplauso. A destra, se ne parla con invidia. «Ci crede e basta. Uno così ci manca», dice Michele Baldi capogruppo di Fi al Consiglio comunale. Lex governatore del Lazio di An, Ciccio Storace, pure lui sul quintale, lo eleva al suo rango: «Siamo due uomini di peso», riconoscimento che equivale a una laurea ad honorem. Veltroni lo ascolta avidamente e Bettini si affaccia spesso in municipio per dargli consiglio. E sempre Goffredo ha inventato Enrico Gasbarra, un ex dc, e Piero Marrazzo, un generico di sinistra, per sottrarre Provincia e Regione alla Cdl.
Eppure, questo deus ex machina che distribuisce prebende agli altri e potrebbe invece averle per sé, occupa solo poltrone secondarie. Questa disposizione al digiuno ha una spiegazione psicologica. Quando nell'89 il Pci cambiò nome, Bettini cadde in depressione. Per capire come uninezia del genere possa produrre un così gigantesco languore, va subito detto che Goffredo non è sposato, non gli si conosce donna, ha come unica famiglia il partito. «Dopo quel trauma - ha raccontato - decisi che non avrei più fatto esperienze politiche totalizzanti. È come se un calciatore di serie A dopo un infortunio decidesse di proseguire la carriera in B».
Fedele al fioretto ha rifiutato più volte, pensate, la candidatura alla segreteria dei Ds. Altrimenti, a guidarli ci sarebbe quasi certamente il suo quintale abbondante anziché i 65 chili scarsi di Pier Fassino. Lunica poltrona che avrebbe gradita è quella di ministro dei Beni culturali. Sembrava che Prodi dovesse darla a lui, ma si è intrufolato Rutelli e glielha soffiata. Proprio Ciccio che gli doveva tutto! Ma i democristiani, si sa. Goffredo ci è rimasto di stucco, ma non ha aperto bocca se non per respingere la proposta riparatoria di guidare la Funzione pubblica. «Avevo dato la mia disponibilità solo per la cultura - ha detto a Fassino che, cappello in mano, gliela offriva - il resto non mi interessa». In quali rapporti sia adesso con linfido Cicciobello si ignora. Si sa però che li ha ottimi con la moglie, Barbara Palombelli, sua compagna di scuola al liceo Righi.
Oggi, dunque, Goffredone è un nudo senatore e presiede la Fondazione Cinema di Roma. Non un granché per una personalità di tale stazza. Anche se nelle sue mani, la neonata «Festa del cinema» capitolino può diventare una bella rivincita. La prima edizione, nellottobre 2006, è andata benone e il ministro Rutelli, coda di paglia, neanche si è fatto vedere. Sullabbrivio, la Festa romana promette di fare la scarpe al venerando Festival veneziano. Pare anzi che Goffredo stia già scippando ai veneti Marco Müller, il direttore artistico della mostra lagunare. A Venezia hanno i capelli dritti e Bettini è considerato peggio dellacqua alta. A propiziare lincontro tra il senatore e il direttore Müller, stando a voci, sarebbe stata proprio madame Palombelli-Rutelli, amica anche del supposto transfuga. Li avrebbe riuniti a cena, assente il marito.
Le cene sono croce e delizia di Goffredo. Onnipresente tra politici, imprenditori o banchieri, come Luigi Abete che con la sua Bnl è il munifico Creso di ogni iniziativa della Roma ds a cominciare dallAuditorium (creatura squisitamente bettiniana), il senatore non riesce a stare a dieta come vorrebbe. Così si espande incontrollabile, è scontento di sé, non va in tv perché non si piace. Non porta cravatta, ha abiti grigi stinti, bottoni penduli, se siede deborda. Fotografato, viene male. Le guance paffute gli comprimono gli occhi da farlo sembrare, se gli va bene, un cinese. A volte ha lo sguardo sbieco del capobastone, lui così mite. La sola foto che lo ritrae raggiante è quella del giorno in cui fu insignito del Gran cordone della Thailandia. Goffredo è un patito dellesotica penisola, è in ottimi rapporti con la famiglia reale, possiede laggiù una casa e ci va una volta lanno. Quando presiedeva lAuditorium ha fatto un festival del film Thai, comprensivo di padiglione per geishe massaggiatrici.
Figlio di un avvocato legato al Pri, Goffredone ha trascorso linfanzia tra Ugo La Malfa, Oronzo Reale, Oscar Mammì. Ma già a 14 anni era comunista. Cultore in fasce di cinema, fu chiamato dal partito per illustrare ai compagni la «Corazzata Potemkin» e altri micidiali polpettoni Urss. Conquistato dagli allegroni, ci rimase per sempre. Capo della Fgci di Roma, segretario del Pci cittadino, capogruppo comunale, assessore. Una carriera solo romana, a parte i tre ingressi in Parlamento. Tutto, come sappiamo, al di sotto dei suoi mezzi, ma con sottili soddisfazioni. Lultima, è stata la presenza a una riunione per il Partito democratico delleditore di destra, Giuseppe Ciarrapico. Il leggendario Ciarra, fan un tempo di Almirante, ora critico di Gianfranco Fini per l«autoritarismo» e la sua «Destra risistemata», come la chiama per sprezzo.
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