«Big Talk»: la gaffe anglofona dei compagni di Rutelli

La lingua inglese è abbastanza facile da imparare, ma piuttosto difficile, se non quasi impossibile da padroneggiare. E ciò non solo per il numero e la complessità delle espressioni idiomatiche, ma anche per la vastità e la varietà del suo lessico che si rinnova continuamente, con un ritmo che non trova riscontri in nessun’altra lingua al mondo. Chi voglia poi avventurarsi negli insidiosi meandri dell’inglese americano, deve procedere con molta cautela, controllando tutti i possibili significati di una parola. Quel «Big Talk» ad esempio, che, a caratteri giganti, è apparso nel manifesto collocato dietro al palco del recente congresso della Margherita con lo scopo di caratterizzare seriamente e «alla grande» il dibattito sul programma di quella parte politica, nel linguaggio familiare americano ha il significato canzonatorio di «discorso da spaccone, presuntuoso e millantatore».


Mi viene il dubbio che chi ha scelto quell’espressione americana, che si ritorce umoristicamente, in modo derisorio, sul proposito di fare un discorso serio e importante, sia stato consigliato «con malizia» da qualche franco tiratore (che conosce bene l’americano), non raro da quelle parti.

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