
nostro inviato a Venezia
Kathryn Bigelow continua a esplorare il mondo delle guerre asimmetriche e tecnologiche dopo capolavori come The Hurt Locker o Zero Dark Thirty: quattordici candidature all'Oscar, sette vittorie tra cui Miglior film e Miglior regia per il citato The Hurt Locker. Bigelow prosegue la sua indagine con il thriller A House of Dynamite, il suo undicesimo film, con il quale punta dritto, ancora una volta, all'Oscar. Presentazione in concorso a Venezia, il minimo di proiezioni in sala necessarie per la corsa alle statuette, poi il debutto su Netflix annunciato per il 24 ottobre.
Trama: un missile di provenienza ignota viene lanciato sugli Stati Uniti, il bersaglio è Chicago. Negli apparati di difesa, e alla Casa Bianca, parte il conto alla rovescia: bisogna agire subito per neutralizzare la minaccia e capire chi sia il colpevole per organizzare la reazione. Si resta incollati alla sedia, anche perché il film entra nel dettaglio e sembra estremamente realistico. Sembra o è realistico? Lo chiediamo alla regista in un incontro con la stampa all'Hotel Excelsior: "Mi sono avvalsa, per la sceneggiatura, di Noah Oppenheim, ex giornalista, profondo conoscitore dell'argomento. Ma sul set abbiamo avuto due generali a quattro stelle che correggevano ogni errore. Abbiamo lavorato con persone che facevano ogni giorno la routine descritta all'inizio del film. Parte di quello che si vede nel film è segreto di Stato, ad esempio il Manuale di distruzione. Ma credo ci siamo avvicinati molto alla realtà, nel rispetto della sicurezza nazionale. Abbiamo parlato anche con persone nel comando strategico, gente ai piani alti del Pentagono e della Cia, responsabili del nostro arsenale nucleare, esperti di balistica". Il cast è eccezionale: Idris Elba, Jared Harris, Tracy Letts e una Rebecca Ferguson che regge sulle sue spalle mezzo film, sempre in scena nei panni del capo della Situation Room (in compenso in conferenza stampa fa scena muta, passando ad altri le risposte).
Il film "resuscita" tutte le paure che pensavamo di esserci lasciati alle spalle, ed invece eccole qua. La principale è la bomba atomica. Bigelow: "Sono cresciuta in un'epoca in cui nascondersi sotto il banco di scuola era considerato il protocollo di riferimento per sopravvivere a una atomica". E ora.. "E ora il pericolo è aumentato, sembra incredibile, la fine della Guerra fredda sembrava un addio alle bombe atomiche. Invece è persino peggio. La cosa che mi terrorizza davvero è questa sorta di intorpidimento collettivo. Una silenziosa normalizzazione dell'impensabile". Anche la diplomazia sembra inerme: "Non mi pare che ottenga granché. D'altra parte viviamo in un mondo che ha disimparato a discutere, vale all'interno dei singoli Paesi ma è un problema globale. Quando parliamo di difesa ormai intendiamo la mutua distruzione totale".
Nella ricostruzione di questa guerra altamente tecnologica e automatizzata in realtà è ancora decisivo il fattore umano. Bigelow: "Alla fine della catena, c'è sempre un uomo che deve decidere. E da quelle decisioni dipende la morte o la vita di altre persone. Per questo c'è sempre un elemento imponderabile. Nonostante i sistemi e i piani, qualcuno potrebbe essere malato o in vacanza nel giorno sbagliato. Comunque la cosa che colpisce è riuscire a restare umani in queste condizioni. La scelta più estrema è nelle mani di un uomo solo, il presidente degli Stati Uniti, interpretato da Idris Elba". Per questo un cast così ricco: "Ogni personaggio doveva essere ben caratterizzato, non solo per realismo ma anche per consentire al pubblico l'immedesimazione con almeno una delle figure in campo".
Appena usciti dall'incontro, ripassiamo mentalmente le notizie della mattina. L'aereo di Ursula von der Leyen forse disturbato dai russi. Xi e Putin chiedono una nuova governance globale dove, è scontato, l'Occidente dovrà mandare giù qualche boccone amaro.
A Gaza e in Ucraina continua la tragedia della guerra aperta. In Europa prosegue il dibattito sulla necessità del riarmo. Mezzo mondo ha voglia di menare le mani. Non c'è bisogno di altro per capire quanto sia attuale (e preoccupante) un film come A House of Dynamite.