da Roma
Il 2007 sarà «lanno della svolta», annuncia Romano Prodi. E poco importa che al momento i dati descrivano una svolta sì ma al ribasso per il Pil (meno tre decimi di punto secondo lo stesso governo, nella Relazione previsionale e programmatica), quel che conta è comunicarlo con convinzione.
E il premier, nella sua prima conferenza stampa di fine anno, dopo aver mangiato il suo primo panettone, si è presentato a giornalisti e telespettatori pieno di convinzione. Sorridente, in cravatta azzurra scelta per trasmettere un senso di serenità, ha spiegato che, «in tutta sincerità», lui già sente che le cose stan cambiando in meglio, avverte «con chiarezza luscita dal clima di rassegnazione e declino» che il quinquennio berlusconiano aveva steso come una cappa soffocante sullItalia. «La crescita è il nostro euro», nel senso della mission, e «la nostra economia comincia a svegliarsi dopo 5 lunghi anni di crescita zero». Ora il Paese può addirittura «avere lambizione di trainare leconomia del Vecchio continente», nonostante «il precedente governo non sia stato in grado di capirne i bisogni e di adottare politiche adeguate». «Adeguata» invece, secondo il premier, è la finanziaria, «una manovra forte che tocca molti aspetti della vita di tutti», e che quindi «non poteva non portare a inquietudini e polemiche».
Lo schema studiato da Prodi (che nello show televisivo di ieri sapeva di giocarsi un rilancio di immagine che gli serve come il pane, visti gli indici di popolarità, e si è preparato tutta notte) è chiaro: mostrare tranquillità e sicurezza (anche sui numeri della sua maggioranza al Senato). Attribuire al «governo precedente» la colpa dei mali italiani cui lui vuol porre rimedio. Cercare di trasformare in punti di forza le evidenti debolezze della sua coalizione: gli alleati non sono daccordo neppure sul tempo che fa, con grave nocumento allimmagine del governo? «Noi non lavoriamo per limmagine ma per i risultati», nellUnione cè un dibattito «fin troppo trasparente», ma «il momento della decisione è più importante di quello della discussione» e le decisioni «arriveranno tutte», ci si creda o no. Perché «siamo una coalizione flessibile», che «resiste ai terremoti».
E infine sciorinare ricette «chiare e semplici» per un futuro più radioso. E Prodi si è presentato con unagenda di buoni propositi già bella e fatta, con tanto di punti numerati, in vista del summit di governo a Caserta, nella quale (quasi) tutti gli alleati trovano un contentino: per i verdi cè la «centralità di una nuova politica ambientale» che produrrà persino case a «risparmio energetico»; per il Prc (che ieri stappava champagne) lo stop allinnalzamento delletà previdenziale e ai disincentivi per luscita anticipata; per i cattolici «una nuova politica per la famiglia», per Mussi il «rilancio della ricerca» (già abbondantemente tagliata in finanziaria); per Mastella la «riduzione dei tempi della giustizia» e per Amato il «rimettere al centro la sicurezza». Persino ai «volenterosi» di Capezzone ha pensato, perché «bisogna poter aprire unazienda in un giorno», altro che una settimana. Per Padoa-Schioppa cè un nuovo endorsement: «Perfettamente logico» dire che Confindustria si comporta come un partito, «mi sembra una posizione non controvertibile» e peggio per Fassino che invece ha difeso Montezemolo. Gratta gratta, è appunto per i «riformisti» dellUlivo, quelli che reclamano una «fase due», che resta assai pochino: certo, «le liberalizzazioni» e il riordino della pubblica amministrazione col «riconoscimento del merito». Ma di «fase due» manco a parlarne, perché «io questo termine non lo uso». E non è un caso che Fassino (che ancora non sa se sarà invitato a Caserta) non abbia aperto bocca nel profluvio di dichiarazioni di appoggio al premier di ieri. Né lui né DAlema, cui pure sotto sotto il premier ha riservato una punta di veleno: mai evocato nel celebrare «il ruolo internazionale che lItalia sta riconquistando».
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