(...)Il 16 è uno stabile di ringhiera, magnifico esempio di architettura «vecchia Milano». Al quarto piano abita una romena con due figli di otto anni e sette mesi, in Italia da cinque anni, regolare, in quanto comunitaria. La ragazza ha i tratti delicati, occhi azzurri, capelli biondi, dimostra meno dei sui 27 anni. Sbarca decorosamente il lunario da sola, sul destino del padre rimane volutamente sul vago, facendo appunto la baby sitter per i due bambini: Mario di due anni e mezzo e Paolo tre mesi, entrambi nomi di fantasia. Ha preso in consegna il più grande a febbraio a febbraio, laltro subito dopo la nascita. Mangiare e dormire, dietro compenso di 50 euro al giorno.
Non parla volentieri della tragedia, ha gli occhi spaventati e gonfi di pianto, a quei piccoli sera decisamente affezionata, anche perché vivevano stabilmente da lei e giocavano con i sui bimbi. E la madre? La giovane romena non vuole colpevolizzarla ma bastano poche battute del vicino egiziano per tracciare un quadro assai poco edificante. Tossicodipendente con un fascicolo alto così punteggiato da furti, risse, ingiurie, minacce, oltraggi a pubblico ufficiale. Negli ultimi mesi sarà passata si e no tre volte, per pagare alla romena il pattuito per il «baby sitting». Campa di espedienti, che per una giovane donna schiava della droga ha un solo significato: la strada. Dove conosce i due magrebini padri dei suoi figli, con ogni probabilità suoi fornitori abituali di stupefacenti. Adesso infatti sono entrambi in galera.
Lepilogo del dramma nelle parole della straniera. «Mercoledì i quattro bambini si sono svegliati regolarmente e hanno cominciato a giocare tra loro». Anche Mario, che nonostante i suoi due anni e mezzo, cammina a fatica e ancora più a fatica parla. «Sapeva dire solo mamma e acqua, che lui chiamava baba. Era però molto aggressivo, dovevo stare attenta che non picchiasse i miei figli e il fratellino. Ma soprattutto che non mettesse tutto quello che capitava in bocca. A metà pomeriggio gli do un bicchiere dacqua, ma lui vomita subito. Più tardi provo con del the, ma fatica tenere anche quello. Non mi sono preoccupata più di tanto - si giustifica la romena - anche perché non era la prima volta. Era stato male qualche giorno prima, stessi sintomi, ma poi si era ripreso regolarmente. Verso sera però inizia a respirare a fatica. Tento di farlo camminare sul terrazzino, sembra riprendersi, poi verso le 23 la crisi finale». Mario sta sempre peggio, la romena chiama il vicino egiziano, che si rende conto della situazione. Parte una telefonata al 118. I medici si rendono subito conto delle sue condizioni disperate, avvertono il 113 e tentano una disperata corsa verso il San Raffaele dove il bimbo arriva privo di vita.
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