Bimbo ucciso al calcetto Killer arrestati per strage

CrotoneSono ventenni e non hanno mai avuto alcun rimorso per avere ucciso un bambino di undici anni, la cui unica colpa era stata di trovarsi nel posto sbagliato lo scorso giugno. La Procura antimafia di Catanzaro e i Carabinieri di Crotone, ieri, li hanno inchiodati alle loro responsabilità. Vincenzo Dattolo e Andrea Tornicchio volevano punire Gabriele Marrazzo, il rivale che aveva osato sconfinare nel loro territorio per chiedere il pizzo a un imprenditore su cui solo loro, i potenti Tornicchio, potevano avanzare pretese. Marrazzo doveva pagare e per farlo fuori avevano progettato un regolamento di conti plateale sul campo di calcetto, alla periferia di Crotone. Quella sera, il destino dell’aspirante boss si è incrociato per sempre con quello di Domenico Gabriele, vittima innocente a undici anni di un regolamento di conti tra due cosche del crotonese. Adesso viene fatta piena luce su quell’agguato e si scoprono i killer e il mandante. Sono accusati di strage e sono tutti già in carcere per reati che vanno dall’associazione mafiosa, al traffico di droga, estorsioni e omicidi.
L’ordine di far fuoco sul campo di calcetto partì da Francesco Tornicchio, già agguerrito capocosca a 31 anni. A eseguirlo furono Vincenzo Dattolo, di 26 anni, e Andrea Tornicchio, di 20, fratello del boss, che per aspirare a un ruolo nella cosca aveva deciso di prendere parte all’esecuzione spietata. I due giovani sono stati inchiodati dalle intercettazioni, dai tabulati dei loro telefoni cellulari e dalla perizia balistica di Paolo Romanini, lo stesso che lavorò al caso di Marta Russo. Secondo l’esperto, chi ha sparato era perfettamente cosciente del fatto che avrebbe potuto uccidere un numero imprecisato di persone. E a confermarlo, ci sono le intercettazioni in carcere di Francesco Tornicchio che esclama contento: «A Canforato - il quartiere della cosca - tutti devono capire che dove passano i Tornicchio trema la terra e canta la lupara». Con la loro lupara, i Tornicchio hanno distrutto una famiglia semplice e dalla grande dignità. Domenico, per tutti Dodò, era allegro e responsabile, amava studiare e giocare a pallone. Non aveva fratelli ed era legatissimo ai genitori. Quella sera del 25 giugno era a una partita col papà.
La sua unica colpa è stata quella di trovarsi lì, quando la pioggia di pallettoni si è abbattuta sui giocatori lasciandone a terra dieci. Gabriele Marrazzo morì sul colpo, altre otto persone rimasero ferite in modo non grave. Domenico, invece, fu colpito alla testa, al fegato e ai polmoni. È rimasto tre mesi in coma, ha subito diversi interventi al fegato e al cervello, ma non si è mai risvegliato. È morto il 20 settembre 2009.

Da allora, i suoi genitori lottano per avere giustizia. «Ora continuiamo con più coraggio ad aspettare la condanna di chi ha sparato», è stato il primo commento del papà di Dodò, Giovanni Gabriele che, con la moglie, si costituirà parte civile al processo.

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