La Biobanca tra assistenza e ricerca

Il Dipartimento di Medicina di Laboratorio e Biotecnologie Avanzate dell’Irccs San Raffaele Pisana di Roma è organizzato per sostenere al meglio la missione dell’Irccs: fornire assistenza e realizzare ricerche mirate. Il Dipartimento, diretto dalla dottoressa Fiorella Guadagni, è strutturato in tre parti: Diagnostica tradizionale, Diagnostica a elevata specializzazione (Emostasi e Trombosi, Diagnostica Molecolare e Genetica, Proteomica Clinica) e Biobanca Interistituzionale Multidisciplinare (BioBim). Che usano biotecnologie e tecnologie innovative, personale altamente qualificato, impegnato nella ricerca traslazionale ( che seleziona i risultati della ricerca di base e li sperimenta nell’attività clinica secondo precisi protocolli) e metodologie standard che garantiscono una qualità costante dei processi e il massimo rispetto dei diritti dei pazienti e dei donatori di campioni biologici usati nella ricerca. «Non si può fare attività clinica d’avanguardia senza una diagnostica di alto profilo», afferma la dottoressa Guadagni.
«Anche la ricerca traslazionale – aggiunge – richiede sia una diagnostica di eccellenza sia un’ampia casistica». Quest’ultima è assicurata dall’alto numero di persone curate all’interno dell’Irccs e dall’elevata quantità di campioni biologici (sangue, urina, tessuti, cellule) raccolti nelle biobanche. Le biobanche hanno assunto un ruolo cruciale nel campo della ricerca biomedica. Il successo di molti studi, infatti, è possibile solo grazie alla disponibilità di campioni biologici di persone affette, portatrici o predisposte a patologie su base genetica o ambientale, in comparazione a gruppi di soggetti apparentemente sani. La Biobanca dell’Irccs San Raffaele Pisana rappresenta un caso d’eccellenza nazionale e internazionale. Tra le ragioni sono da sottolineare l’elevata automazione tecnologica, unita all’adozione di rigidi processi standardizzati per il trattamento e il tracciamento della vita dei campioni, la quantità di materiale che proviene non solo dall’Irccs ma anche da altre Istituzioni (da qui l’aggettivo interistituzionale) e il codice etico applicato. «La costituzione e la gestione delle biobanche - racconta la dottoressa Guadagni, che opera in questo campo dal 1988 e conosce tutti i problemi legati alla raccolta dei campioni biologici e al loro trattamento - implica tradizionalmente molte criticità. L’Irccs San Raffaele Pisana si è rivolto a me affinché elaborassi un progetto in grado di superare tali criticità». Una prima soluzione introdotta è stata la standardizzazione delle procedure, che garantisce la disponibilità di casistiche omogenee per la ricerca di base. «Per valutare al meglio ogni singolo campione devo conoscere tutto della sua vita», spiega la dottoressa.
«E non mi riferisco solo ai dati clinici del donatore, ma anche al momento in cui è stato prelevato il campione, a quando è stato trasferito al Dipartimento, fino alle fasi finali della sua conservazione, assicurando in ogni fase la completa anonimizzazione nel rispetto della privacy del donatore. Per garantire la tracciabilità e la standardizzazione del trattamento, abbiamo introdotto nella gestione della biobanca tecnologie informatiche e robotizzazione usate normalmente in altri settori».
Per esempio, dal momento del prelievo fino al suo utilizzo, ogni campione è accompagnato da un’etichetta informatizzata detta Rfid (Radio Frequency Identification) su cui vengono inserite o rilevate, con appositi sensori, tutte le informazioni relative ai vari processi a cui è stato sottoposto. Una metodologia di controllo mutuata da quella applicata nella cosiddetta «catena del freddo», la logistica dei prodotti alimentari, particolarmente importante per campioni che confluiscono alla BioBim – poiché non provengono solo dall’interno della struttura ma anche da altre entità convenzionate: la rete italiana Acismom, gli ospedali San Camillo e San Giovanni di Roma, l’Usl2 di Salerno, l’Università di Roma Tor Vergata, e il San Raffaele Cassino. Recentemente, la dottoressa Guadagni è stata invitata come esperto del settore a esporre le innovazioni tecnologiche e l’esperienza interistituzionale della BioBim, al simposio internazionale del Biospecimen Research Network (Brn), negli Usa. Altro punto di forza della biobanca è la sinergia con la diagnostica e la ricerca traslazionale svolta nella stessa struttura. «Nel Dipartimento – spiega la dottoressa – lavorano ricercatori di livello internazionale, per esempio il gruppo della dottoressa Patrizia Ferroni, che studia l’emostasi e la trombosi ed il gruppo del dottor Raffaele Palmirotta, che studia i principali geni coinvolti nelle patologie a carattere eredo-familiare, nella predisposizione a malattie multifattoriali e nella risposta ad alcuni farmaci».

Tra le ricerche in cui il Dipartimento è impegnato vi sono le malattie trombotiche («molti pazienti della struttura, del resto, sono colpiti da disturbi vascolari», precisa la dottoressa), la comunanza di fattori predisponenti al diabete e al cancro e un progetto in collaborazione con la più nota Istituzione internazionale di ricerca sul cancro, il National Cancer Institute di Bethesda, Usa, sul cosiddetto «switch on» – l’ attivazione – delle cellule staminali tumorali. Uno studio, quest’ultimo, che può contribuire alla ricerca di vaccini antitumorali.

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