Politica

Il bipolarismo gentile di Veltroni e Gasparri

Il sindaco di Roma: «Ho spostato tre campi nomadi senza provocare proteste»

Laura Cesaretti

da Roma

Alla fine, il «vade retro, gay» delle gerarchie cattoliche ha trovato il punto debole su cui far leva dentro il centrosinistra, e a Francesco Rutelli è toccato smarcarsi da Romano Prodi e litigare con movimenti omosessuali e sinistra dell’Unione.
Il leader della Margherita ieri ha preso le distanze dalla proposta benedetta dal Professore, quella dei Pacs, patti civili di convivenza, che sul modello già ampiamente e con successo sperimentato in Francia garantiscono diritti alle coppie (omo o eterosessuali che siano) non sposate. Nulla a che vedere col temutissimo «matrimonio gay» di Zapatero, ma a Santa madre chiesa non piacciono lo stesso, e dunque in Italia (unico paese d’Europa e del mondo civile dove il problema non è mai stato affrontato) non devono esserci. Rutelli ha preso le distanze dall’anatema scagliato contro il «rovina-famiglie» Prodi dall’Osservatore romano («Una risposta forzata e immotivata, che non risponde al pensiero di tutta la Cei», ha detto), ma alla fine un contentino alle gerarchie lo ha dovuto dare. E così ieri, suscitando le ire di mezza Unione, ha lanciato i Ccs, o «contratti di convivenza solidale». «Occorre assicurare la protezione dei diritti civili degli omosessuali - premette il presidente della Margherita - anche perché persistono inaccettabili aree di discriminazione». Ma non può esser fatto introducendo «forme simil-matrimoniali» di unione civile, e dunque occorre una normativa che regoli le convivenze «per tutte le persone che intendono vivere insieme, prestandosi mutua assistenza, con beni e abitazione in comune», ma solo tramite «contratti di diritto privato», da codificare «nel codice civile, in modo da precisare diritti e doveri delle persone che convivono, a vario titolo, incluse le persone omosessuali». E soprattutto, è l’invito di Rutelli, si smetta di discutere di un tema che fa venire l’orticaria ai vescovi: «Chi intendesse farne una bandiera della campagna elettorale - avverte - si misurerebbe con un consenso ancora inferiore ai referendum sulla procreazione assistita, come confermano i risultati del sondaggio pubblicato oggi da Repubblica, secondo il quale 2 italiani su 3 sono favorevoli a regolamentare le convivenze, mentre 7 italiani su 10 sono contrari ad istituire forme matrimoniali per le coppie omosessuali». Insomma, se l’Osservatore accusa Prodi di andare a caccia di voti gay (probabilmente più numerosi di quelli che può spostare Ruini), Rutelli avvisa che così si perdono i voti dei benpensanti.
Immediata la reazione di Franco Grillini, deputato ds e fiero lobbista dei Pacs: «Così si gioca al ribasso, i Pacs sono già una mediazione. E poi i diritti vanno garantiti pubblicamente, e non come una questione tra privati: se vado a trovare una persona cara in ospedale e non sono parente, un contratto privato non mi aiuta». «È sbagliato ridurre le unioni civili a un fatto privato», incalza il Verde Cento. «Noi siamo per il riconoscimento pubblico delle unioni di fatto. Posto naturalmente che sono cosa diversa dai matrimoni». Anche per Rifondazione la proposta Rutelli «non è comprensibile nè condivisibile», dichiara Titti De Simone. «È uno schiaffo ai diritti», insorge il Pdci. I ds tentano la mediazione, affidata alla resposabile donne Barbara Pollastrini: «Non devono essere i nomi a dividerci. L'importante è confrontarci ed essere d'accordo sulla sostanza». Ma la sostanza che ribadisce è diversa da quella di Rutelli: «Vanno riconosciuti, pubblicamente e attraverso delle leggi, diritti e doveri delle coppie di fatto, omosessuali e no. Si tratta di una soluzione seria ed equilibrata, nulla a che vedere col matrimonio né con la messa in discussione della famiglia. È una scelta di umanità e di saggezza». E intanto anche la Cdl si divide, con Giro di Forza Italia che plaude alla «buona» proposta di Rutelli: «Il modo migliore per non aggirare il valore della famiglia naturale».

E con l’immancabile Pedrizzi di An, che a gay e conviventi di ogni genere non concede nulla: «Il matrimonio è l’unica forma di convivenza che merita un riconoscimento giuridico», tuona.

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