Il bipolarismo sessuale di Vendola

Il governatore pugliese spera nella legge del contrappasso: dopo il seduttore Silvio potrebbe toccare a un premier gay. Così vanta la propria omosessualità come titolo dimerito e non un fatto privato. Mentre sul comunismo stende un veto

Il bipolarismo sessuale di Vendola

Se conta la legge del contrappasso, dopo Berlusconi il prossimo premier sarà donna o gay. È su questa elementare legge biopolitica di compensazione che basa la sua fortuna Nichi Vendola: dopo il Mandrillo verrà la Donnola, dopo il celodurismo bossiano e la seduzione berlusconiana, verrà l’epoca dell’orecchino e del diversamente seduttivo. Leader non se ne vedono in giro, se ne è accorto ora pure Galli della Loggia; solo mezzi leader e quaquaraquà. Niente donne. A questo punto meglio cambiare genere.

Per farsi sdoganare, Nichi ha rassicurato l’Italia moderata che di gay a Palazzo Chigi c’è già stato un democristiano. E giù tutti i giornali a fare il minuetto dell’ipocrisia e interrogare in giro su chi fosse: tutti sapevano, cronisti inclusi, ma fingevano di non sapere. Alludevano all’interessato. Anziché creare un morboso gossip che circola oltre gli scritti, non è meglio dire chiaro e tondo che il nome in questione è quello presunto di Emilio Colombo, aggiungendo che si tratta di una maldicenza? E per confortare lo stesso Colombo e poi Vendola, è possibile aggiungere che la stessa maldicenza raggiunse altri due premier, Rumor e perfino Spadolini? Naturalmente aiutava la circolazione della voce gaia il loro statuto di signorini. Ricordo alcuni passaggi, devo dire eleganti, nei comizi di Almirante a proposito delle suddette «vergini». Ma era l’epoca macha, e un leader della destra nostalgica doveva essere e mostrarsi come il duce, uno sciupafemmine virilone e galante. Sessualmente la Dc era il partito della neutralità e dell’anestesia erotica, della sessualità flebile o repressa, o addirittura della castità; e invece l’Msi era il partito priapesco, dell’erezione permanente, con una sacra fiamma che si accendeva non solo nei cuori ma anche più in basso.

Ora che il tempo è mutato e dopo la parabola mandrillesca da Craxi a Berlusconi, il bipolarismo esige una differenziazione sessuale tra i due poli. Mancando infatti contenuti politici e passioni ideali, le differenze si aggrappano a tutto, anche a organi tutt’altro che ideologici. Vendola sta trasformando quel che un tempo era considerato un handicap in una risorsa. Perciò si gloria della sua omosessualità come punto di differenza e di futurismo rispetto alla vecchia politica passatista e stancamente eterosessuale. Vuol dimostrare che dal Cialis all’orecchino c’è progresso sociale e morale.
Se posso dirvi la mia, non considero l’orecchino di Vendola e il suo statuto omosessuale come criteri di giudizio politico, né in bene né in male. Arrivo a dire che preferivo l’omosessualità privata di alcuni suoi predecessori a quella pubblica; e non perché prediliga l’ipocrisia, ma al contrario, perché non ritengo l’omosessualità un titolo di merito o di demerito per i concorsi pubblici, compreso quello a premier. Vero è che nella prima Repubblica alcuni politici uscirono di scena perché ricattati con dossier e foto omosex.

Trovo però che la sua scelta di vita dovrebbe restare intima, non coperta da segreto di Stato ma da buon gusto e da sobria distinzione tra sfera pubblica e sfera privata. Viviamo un paradosso: l’omosessualità, che attiene alla sua sfera privata, diventa oggetto di dibattito pubblico; e il comunismo, professato da Vendola fino a ieri (fu eletto in Rifondazione comunista), viene coperto da un velo di riservatezza, quasi ricacciato nella sfera dei gusti intimi. Come dire, ognuno ha i suoi vizietti privati, ove per vizietto non si intende l’omosessualità ma il comunismo. No, signori, ho troppo rispetto per la storia e anche la tragedia del comunismo per confinarlo tra le tendenze intime da rimuovere nei discorsi pubblici. Preferirei un leader che si dichiarasse erede di Peppino Di Vittorio o perfino di Lenin, piuttosto che di un premier democristiano gay in quanto gay.
Di Vendola penso tutto il bene e tutto il male possibile. Ho istintiva simpatia verso di lui perché proviene da due mondi che mi sono cari: la poesia, con vista sulla filosofia, e la mia Puglia, con vista proustiana sullo stesso tempo perduto.

Nichi ha la testa bombata di un mio amico pugliese d’infanzia, Peppino, anch’egli scapolo e malato di filosofia. La differenza è che da pugliese più legato alla tradizione preferisco le orecchiette agli orecchini. Riconosco a Vendola buona fede e slancio ideale. Mi piace la sua passione civile, il suo parlare accorato, la sua intelligenza, le sue letture e mi disturba poco la sua zeppola. Però l’altro giorno l’ho visto al Tg1 rispondere sulla sanità: ha fatto un predicozzo morale e una tirata ideologica che poteva andar bene per un prete o un filosofo ma non per un governatore di una regione che nel 2009 ha accumulato un debito di 300 milioni di euro nella sanità. Allora dico: non ti puoi permettere di dare lezioni di principio se la tua regione sta così inguaiata. E non puoi chiamarti fuori dalle indagini sulla sanità perché se un governatore non segue direttamente quel che avviene nel primo settore di spesa e di impegno con i cittadini della regione che governa, non è adatto a governare.

Ecco, Nichi, il problema è questo: il tuo comunismo lirico mi piace come genere letterario, non come modo di governare. Dei pugliesi che ti hanno votato non riesco a dir male e non solo perché sono miei conterronei, ma anche perché hanno voluto scommettere sulla passione civile, sul sogno, sulla politica come ideale che tu hai saputo suscitare. Mi piacerebbe vederti in lizza a livello nazionale per la stessa ragione.

Tifo per te nelle primarie della sinistra. Ma so bene che «cum li sermoni non si governano li stati», come diceva un tuo omonimo che la politica la conosceva bene, in teoria e in pratica.
In un empito visionario, arrivo ad auspicare la seguente riforma della politica: vorrei che ci fosse una bipartizione della politica, in camera alta e in camera bassa, in premierato di gestione e presidenza di orientamento.

Una si occupa della realtà con un occhio ai valori, l’altra dei valori con un occhio alla realtà. Ecco, in questo binario, ti vedrei bene sul versante non di gestione ma di orientamento. Perché se Berlusca è un sultano, come dice Sartori, tu sei un ayatollah. Pure uno scarrafone è bello a Imam suo.

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