Giuseppe Marino
da Milano
Quindici minuti ad alta tensione nervosa e bassa tensione elettrica. Tanto è durata la fase critica del black-out che sabato sera ha lasciato al buio 10 milioni di persone tra Italia, Francia, Germania, Austria, Belgio, Olanda, Croazia, Spagna e Portogallo. Pochi minuti, ma abbastanza da far temere il peggio: un bis, su scala europea, del catastrofico oscuramento totale che lasciò buona parte dellItalia al buio il 28 settembre del 2003. Il bilancio finale è che tutto sommato stavolta è andata bene, ma per capire cosa si è rischiato basta ascoltare il commento rilasciato a caldo da Pierre Bonnard, un dirigente di Rte, la società che gestisce la rete elettrica francese: «Non si è andati molto lontano da un black out europeo». Nel 2003 la causa scatenante fu il crollo di un albero che urtò un traliccio in Svizzera mettendo a nudo tutta limpreparazione della rete elettrica italiana. Stavolta tutto nascerebbe da una nave in Germania.
Da Berlino, in attesa di capire meglio cosa è successo, i commenti scarseggiano, ma a quanto pare tutto sarebbe partito da una manovra di routine. Sabato sera intorno alle 21,30, i tecnici del colosso elettrico tedesco Eon hanno disattivato una linea ad alta tensione da 400.000 volts che passa sopra al fiume Ems in Sassonia. Una normale procedura necessaria a garantire la sicurezza del passaggio della «Norwegian Pearl», una nave da crociera appena varata nei cantieri di Papenburg (Bassa Sassonia) e diretta in Olanda. Qualcosa però va storto. Alle 22,10 succede il patatrac: forse a causa di un picco di consumi avvenuto mentre la linea sul fiume era staccata, lintera rete della Germania nord-occidentale va in sovraccarico. «Tecnicamente - spiegano da Terna, gestore della rete italiana - si dice che la frequenza si abbassa sotto ai 49 Hz, evento che fa scattare lallarme in tutti i Paesi europei interconnessi, perché lEuropa, dal punto di vista elettrico, è come un unico appartamento in cui in ogni stanza ci sono elettrodomestici accesi». Sabato sera è successo che una disfunzione in una delle stanze ha fatto mancare energia alle altre. Innanzitutto al Belgio, poi alla Francia, dove le ripercussioni sono state le più gravi, e da qui allItalia».
Lallarme è stato subito registrato dal centro di controllo di Terna, la società quotata in Borsa ma partecipata al 29,9% dalla Cassa depositi e prestiti, che insieme al possesso della rete elettrica ha ereditato il compito di gestione e controllo che allepoca del black out era appannaggio di un ente pubblico, il Grtn. Nel bunker situato in una località segreta alla periferia di Roma è scattata la procedura prevista in questi casi. I computer hanno individuato le zone dItalia dove il consumo era più alto e subito staccato corrente in proporzione, a macchia di leopardo, a utenze pari a un consumo di 1.300 Mw. Contemporaneamente sono state staccate le utenze «interrompibili» (cioè le aziende con contratti scontati che prevedono però la possibilità di distacco in caso di emergenza) per altri 800 Mw. Quindi è partita la richiesta alle centrali «calde», cioè quelle di turno in caso di emergenza, per incrementare la produzione di altri 2.800 Mw. LItalia, che importa circa il 15% del proprio fabbisogno di elettricità, si è così preparata in pochi minuti a ridurre da 6.500 a 1.400 Mw il proprio fabbisogno dallestero. Intorno alle 22,35 però la situazione è tornata normale e le luci hanno iniziato a riaccendersi.
Stavolta il Paese era più preparato: nel 2003 alcune centrali elettriche che avrebbero dovuto fare la propria parte erano in manutenzione e le riserve ammontavano a meno di un quarto delle attuali.
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