Cultura e Spettacoli

BOB NOORDA L'architetto dei marchi

nostro inviato a Monte Marcello (La Spezia)
Nessuno lo conosce però tutti conoscono quello che ha fatto. Dalla sua matita sono usciti progetti che quotidianamente sono sotto gli occhi di milioni di persone, come la segnaletica della metropolitana di Milano, o quella di New York o San Paolo del Brasile; o come l’icona del self-service al distributore di benzina (progettata per l’Agip del cane a sei zampe e poi adottata da quasi tutte le altre compagnie). O ancora il logo della Feltrinelli, o quello della Mondadori e della Coop, o il quadrifoglio della Regione Lombardia che non è un quadrifoglio ma una «rosa camuna». Bob Noorda in Italia lo conoscono in pochi eppure è un designer famoso in tutto il mondo. Nato ad Amsterdam 79 anni fa, è approdato a Milano nel 1957 con un diploma dell’Istituto Ivkno in tasca, tre anni di servizio militare per l’esercito olandese in Indonesia e la voglia di andare a lavorare all’estero senza avere i soldi per arrivare fino a New York. Milano alla fine degli anni Cinquanta era un posto interessante, nasceva il design, c’era la Triennale, molte cose stavano cambiando.
Bob Noorda, da buon milanese d’azione, ha una casa a Monte Marcello, dove passa l’estate e dove siamo andati a trovarlo. È un palazzotto bianco con gli stipiti in pietra serena, che ha completamente svuotato e rimesso a posto nel suo stile. Essenziale, rigoroso, elegante. In una parola «razionalista». Come tutti i suoi lavori, perché quella è la sua scuola: all’istituto del Design di Amsterdam è stato allievo di Rietveld e anche altri dei professori uscivano dal Bauhaus. Quella è la formazione e si vede.
Arrivare al palazzotto è semplice, a Monte Marcello lo conoscono bene («Nella piazza alta, è la casa più bella»). Bella anche se per niente appariscente. Come Noorda, che è un uomo schivo, più a suo agio con la matita in mano che a parlare di sé. Sarà ospite al Festival della Mente di Sarzana (dal 2 al 5 settembre), la rassegna dedicata alla creatività nelle sue varie forme di espressione. Noorda di creatività sa qualcosa: «Non si può raccontare come vengono le idee. Posso solo dire che è un processo lento, solitario, di creazione e decantazione per trovare la sintesi assoluta. Questo è il difficile. Questo cerco di insegnare ai miei allievi che sono impetuosi, buttano giù subito un’idea e pensano di aver trovato la soluzione». Spiega così, con semplicità, la nascita dei suoi numerosi e fortunati marchi, la cui vera forza è la longevità. I suoi lavori durano nel tempo. La sua matita ha dato un’identità all’immagine dell’industria italiana del dopoguerra, il suo disegno ha dato il volto e il corpo all’industria.
Quando Noorda arrivò in Italia gli industriali affidavano ancora la pubblicità a illustratori e pittori. Noorda ha visto nascere ed è stato tra i creatori della grafica moderna, il cosiddetto corporate image (immagine coordinata aziendale), che è un misto di architettura d’interni e industriale, di design, di pubblicità. Sbarcato a Milano in quegli anni fecondi, ebbe la fortuna di imbattersi in personaggi come Piero Bassetti, Giangiacomo Feltrinelli, Pirelli, che lo ha lanciato nel giro giusto. «Un tempo politici e dirigenti erano persone colte, di buon gusto. Oggi la committenza è cambiata, prima trattavo con i presidenti e gli amministratori delegati, gente di cultura, più sensibili. Oggi si tratta con figure di secondo piano, gli addetti al marketing... è tutta un’altra cosa. Il marchio della Vallecchi, per esempio, lo pensai direttamente con Geno Pampaloni, disegnai un’idea sua. Adesso non è più così».
Bob Noorda non è uomo che ama fare polemiche, ma è chiaro che non gli è piaciuto cosa è successo ai suoi cartelli nella metropolitana milanese. Era un progetto all’avanguardia, studiato insieme all’architetto Albini, autore degli arredi. «Avevo creato personalmente a mano le lettere modificando i caratteri dell’helvetica per renderli più leggibili e avevo studiato i colori, la fascia colorata, la distanza delle scritte che si ripetono delle stazioni». Un lavoro immane, in tempi pre-computer. Un’idea assolutamente innovativa che gli era valsa, nel 1964, la vittoria del suo primo Compasso d’oro (poi ne arriveranno altri due). Per quel progetto Noorda era stato chiamato a New York e a San Paolo in Brasile («settimane intere sotto terra a studiare, i colleghi mi chiamavano la talpa»). Adesso qualche “figura di secondo piano” ha deciso (senza neppure interpellarlo) di cambiare il colore, ridipingere i cartelli con una vernice brillante, che riflette la luce e li rende illeggibili. Lui avrebbe potuto protestare ufficialmente, come avrebbero fatto altri colleghi di gran nome e più tromboni. Invece Noorda è un uomo schivo, l’abbiamo detto, è un signore d’altri tempi e ha lasciato perdere. Qualcuno ha debolmente provato a dire qualcosa, ma la polemica è morta prima di nascere. A Londra l’immagine grafica della metropolitana, opera di Henry Beck, è trattata come un reperto museale; a Milano invece non si ha il minimo riguardo per un’opera e una cultura, quella del design e del progetto, che non vengono riconosciute come patrimonio collettivo. Ma questo è un altro discorso...
Noorda non ama fare polemiche. Però è chiaro che la Milano di oggi non gli piace per niente. «Tutti i lavori pubblici in Italia sono malmessi, il livello è bassissimo, non c’è interesse, manca il gusto estetico. In Olanda, per fare un esempio che conosco bene, c’è molta attenzione per l’immagine». Non lo vuole dire ma lo dice: alcune delle grandi opere più recenti gli fanno orrore. Come l’aeroporto di Malpensa, come la stazione della Ferrovia Nord (la ristrutturazione di piazza Cadorna firmata da Gae Aulenti, che Noorda definisce «un mercato rionale»). E poi si sfoga: «Sono atterrato a Linate arrivando da Barcellona, che tristezza il confronto...».
Un uomo d’altri tempi, che cerca di insegnare il buon gusto ai ragazzi dei corsi di design. In passato Noorda è stato docente all’Umanitaria di Milano e all’ISIA di Urbino; poi dal 1996 al 2001, è stato professore a contratto di comunicazione visiva alla Facoltà del Design del Politecnico di Milano. Proprio al Politecnico gli è stata conferita il 16 marzo scorso la laurea ad honorem in Disegno Industriale.
Dal terrazzo sul tetto della bella casa di Monte Marcello, con una vista mozzafiato che spazia all’orizzonte dalle Alpi Apuane fino al golfo della Spezia e a Porto Venere, Noorda se la ride sotto i baffi grigi: «Adesso sono anche laureato, prima avevo solo il diploma in design. Figuriamoci. Però è stato molto bello quando dopo la cerimonia sono uscito dall’Università e i ragazzi che erano seduti sul prato in gruppetti si sono tutti alzati in piedi e mi hanno applaudito.

Mi sono davvero commosso».

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