
Cinque stelle Michelin, cinque storie, un unico racconto che sfida il tempo. “La quinta stagione”, il docufilm diretto da Giuseppe Carrieri e prodotto da Fondazione Arte del Convivio con IULMovie LAB, arriva in anteprima il 2 settembre alle Giornate degli Autori della Mostra del Cinema di Venezia per raccontare l’universo femminile della grande cucina italiana attraverso voci libere da ricette già scritte.
Non è il solito ritratto televisivo di chef al lavoro tra pentole fumanti e ordini urlati. Qui, con la narrazione dell’attrice Isabella Ragonese, si entra nell’intimità di cinque donne che hanno rivoluzionato la gastronomia italiana degli ultimi anni, scoprendo quel tempo sospeso che precede ogni piatto: la quinta stagione, appunto, quella che viene prima della tecnica, prima del servizio, prima persino dell’idea.
Le protagoniste sono volti noti del panorama stellato. Caterina Ceraudo trasforma i sapori della Calabria nella sua tenuta agricola di Strongoli, dove natura e creatività si intrecciano nel ristorante Dattilo. Martina Caruso ha fatto di Salina non solo la sua casa, ma un punto di riferimento gastronomico con il Signum, trasformando l’isolamento geografico in forza creativa. Dalla Toscana più autentica arriva Valeria Piccini, la più esperta del gruppo, che a Montemerano, nella Maremma, incarna nel suo Da Caino l’essenza delle radici contadine e dei gesti tramandati. Al confine tra Friuli-Venezia Giulia e Slovenia Antonia Klugmann lavora a L’Argine a Vencò in uno spazio dove natura e riflessione dialogano costantemente. Cristina Bowerman completa il quintetto portando il suo sguardo multiculturale nel cuore di Trastevere, a Roma, da Glass Hostaria.
“Ho voluto contribuire al racconto di un vasto universo femminile di cui non si è mai saputo parlare a sufficienza”, spiega la produttrice Paola Valeria Jovinelli, vicepresidente di MAGENTABureau, la società che tra le altre cose organizza Identità Golose, il più importante congresso annuale di gastronomia in Italia, che ha ideato il progetto. Un universo fatto di scelte coraggiose, viaggi tra latitudini diverse e memorie intime, dove gli ingredienti diventano linguaggi e la creatività sfida il tempo.
Il regista Giuseppe Carrieri ha scelto di non mostrare la pratica in cucina, ma tutto ciò che la precede e la attraversa: parole, vuoti, pause. Ogni protagonista viene filmata nel proprio ambiente quotidiano - una casa, un giardino, una strada - senza filtri né impostazioni. “È un racconto che attraversa luoghi e sensazioni, evocando la cucina come dimensione lirica del gesto”, racconta Carrieri. “I racconti delle chef superano il semplice senso del gusto per condurci nell’itinerario del tempo vissuto e condiviso”.
Il film parte dall’idea che ogni persona custodisca un tempo proprio, che non coincide con la scansione degli orari né con la logica della prestazione. Un tempo difficile da osservare ma evidente nei gesti ripetuti, nei percorsi familiari, negli spazi vissuti senza testimoni. In cucina, questo tempo coincide con ciò che ancora non è accaduto: il momento in cui si prende una direzione, si costruisce una visione, si decide chi si vuole essere.