Bocchino pizzicato con lo 007 Ma Briguglio insiste coi dossier

Massimo Malpica

Carmelo Briguglio uno, due e tre. Il parlamentare finiano e componente del Copasir che vede la mano dei servizi deviati ovunque dimentica che uno dei capisaldi del teorema della «macchina del fango», ossia il pedinamento del suo collega Italo Bocchino, risale nel tempo a quando l’affaire monegasco era lontanissimo dal venire alla luce. Come Bocchino sa bene, proprio il Giornale diede per primo notizia degli inquietanti sms di minacce spediti all’inizio dell’anno in contemporanea a lui e a due funzionari dell’intelligence italiana. Così il 13 aprile raccontammo dell’inchiesta che la procura di Reggio Calabria aveva avviato con la richiesta d’acquisizione dei tabulati telefonici di Bocchino, per risalire al mittente di quei messaggi, il cui invio da una cabina pubblica risalirebbe alla sera del 31 gennaio del 2010: lo stesso Bocchino, infatti, denunciò l’accaduto alla polizia postale il giorno dopo. Da quel telefono pubblico, e alla stessa ora, analoghe minacce arrivarono dunque al politico e ai due 007. L’articolo del Giornale fu confermato e rilanciato proprio da Briguglio che spiegò come Bocchino gli avesse confidato il fatto, come amico e membro del Copasir. Il pedinamento, però, verrà rispolverato da Briguglio sette mesi dopo quasi a rafforzare l’ipotesi avanzata dallo stesso (e poi smentita da Fini via web) che dietro lo scoop su casa Tulliani potessero esserci i Servizi. Sempre firmato Briguglio è l’allarmato commento concesso alle agenzie a Ferragosto allorché, impantanato su Montecarlo, straparlava di dossieraggi: «Ho discusso a lungo al Copasir su deviazioni di pezzi dei Servizi e, di recente, anche di preoccupanti anomalie in merito alla permanenza nei Servizi di uomini dell’intelligence inquisiti per reati gravissimi». Non sappiamo se Briguglio si riferisse al celebre 007 Marco Mancini additato selvaggiamente come «mostro» da quei media ostili al premier che oggi tifano proprio per Italo e per Gianfranco. Il ritratto di Carmelo calza: indagato per la vicenda di Abu Omar (ma uscito processualmente di scena il 4 novembre 2009 per il «non doversi procedere» a causa del segreto di stato) e per lo scandalo Telecom (prosciolto il 28 maggio scorso) ormai libero da pendenze giudiziarie Mancini è stato giustamente riammesso in servizio. Se Briguglio si riferiva a lui, non ha fatto un buon «servizio» a Bocchino che stando a quanto ha rivelato Repubblica, il 16 aprile scorso chiacchierava amabilmente con Mancini quando lo 007 si accorse di essere pedinato da uomini del gruppo Dos. Alla luce delle paranoie complottiste del buon Carmelo, la news fa sorridere: se lo spauracchio dei servizi viene continuamente evocato per lanciare accuse indimostrabili, sarebbe lecito domandare a Briguglio che cosa ne pensa dell’incontro fra Bocchino e lo 007 appestato. Non era certo il «lavoro» al centro del rendez-vous romano: Bocchino ha lasciato il Copasir il 29 settembre di due anni fa cedendo lo scranno in commissione indovinate a chi? A Briguglio! Eppure, proprio al Copasir (che non ha più nemmeno trattato le denunce di Briguglio) è arrivata la ricostruzione di quella giornata dove il Dis di De Gennaro ha confermato che uomini dell’ex Sismi erano in piazza San Silvestro il 16 aprile ma solo per «addestramento». Un punto su cui Briguglio ha trovato da ridire: «È provato che Bocchino fosse pedinato. Nessuno crederà mai che gli agenti segreti fossero lì per caso nello stesso momento in cui incontrava Mancini».

L’esperto siciliano d’intelligence dà l’idea di maneggiare con troppa disinvoltura aspetti delicatissimi che attengono alla sicurezza dello Stato. Sarà anche per questo che il Pdl non si presenterà al Copasir lamentando uno squilibrio di rappresentanza con la fuoriuscita dei finiani. Briguglio rischia il posto. Incrociamo le dita.

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