da Madrid
Il boccone più indigesto da quando è arrivato al potere nel gennaio del 2006. Questo è stato per il presidente boliviano Evo Morales il referendum votato ieri dalla ricca regione di Santa Cruz per ottenere più autonomia dal governo centrale. Nonostante l'avesse dichiarata «illegale e anticostituzionale», il presidente indigeno non è infatti riuscito a fermare la consultazione popolare, una vera e propria ribellione della parte più ricca e benestante del Paese contro il progetto presidenziale di «rifondare» la Bolivia con una nuova costituzione socialista e indigenista.
Al referendum sono stati chiamati circa 900mila cittadini della fertile e pianeggiante regione orientale, che reclamano competenze in materia di educazione, sicurezza, giustizia ed economia, finora riservati allo Stato centrale. La giornata elettorale è stata piuttosto turbolenta con urne bruciate, una ventina di feriti e una vittima. Il risultato, secondo i primi exit-poll, sembra essere l'unico dato certo del referendum, visto che la stima prevede che stravinca il sì con circa l82% dei consensi. Meno chiare sono le conseguenze che l'autonomia potrebbe avere sul resto del Paese. Oltre a Santa Cruz, altre tre province hanno indetto referendum similari nei prossimi mesi e Morales non sembra disposto a farsi mettere all'angolo da quelli che considera atti di «secessione». «La situazione è assurda», spiegava ieri l'ex presidente boliviano Carlos Mesa al giornale spagnolo Abc. «Santa Cruz non può infrangere la legge perché il Presidente lo ha fatto prima, approvando la sua costituzione indigenista». Mesa si riferisce al progetto costituzionale approvato lo scorso 24 novembre da unAssemblea Costituente alla quale non partecipava gran parte dell'opposizione, che deve essere ancora ratificato da un voto popolare e che i partiti di opposizione considerano illegale.
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