Negli ultimi due anni e mezzo abbiamo assistito in Italia a due bolle di tipo mediatico, a livello nazionale e internazionale: una ferocemente negativa, nella quale ha dovuto governare Berlusconi, e una spaventosamente positiva, di cui gode il governo Monti.
Entrambe le bolle si sono tenute ben lontane dalla realtà dei fatti e dall’azione economica dei due governi ma, mentre la bolla Monti non è riuscita fino ad ora a trasmettere la propria positività all’economia, di converso la bolla negativa intorno a Berlusconi ha finito per condizionare la realtà e le aspettative degli investitori, con i risultati catastrofici a tutti noti.
Questa asimmetria si è realizzata per due motivi. Primo, perché con Berlusconi, in quel particolare momento di volatilità dei mercati, il parossismo di una crisi che si andava dispiegando (dai subprime, alla Grecia, ai debiti sovrani) ha prevalso sui dati di fatto e sono via via passate in secondo piano le cose buone realizzate dal suo governo: le 4 manovre di finanza pubblica per un valore cumulato di 265 miliardi di euro, il pareggio di bilancio anticipato al 2013, la riforma dell’università, la riforma della Pubblica amministrazione e numerosi altri interventi, il tutto assorbito, annullato dall'incertezza e dalla paura. Secondo, perché alla crisi economica crescente, che ha colpito tutta l’area euro, in Italia si è aggiunta una dialettica anomala all’interno del governo di coalizione. In particolare, è stato dirompente il conflitto insanabile tra il presidente del Consiglio sviluppista e riformatore, e il suo ministro dell’Economia conservatore e banalmente rigorista. Risultati: vince la bolla della negatività in una sorta di «crescendo rossiniano» con esplosione dello spread tra Btp e Bund a dieci anni, perdita di credibilità sui mercati internazionali e due revisioni a ribasso del rating del debito pubblico (nell’ultimo periodo). Il tutto a prescindere dai «fondamentali» dell’economia reale e dai risultati di finanza pubblica raggiunti (avanzo di bilancio al 5% nel 2011). Insomma la bolla negativa ha avuto buon gioco nel condizionare la realtà per ragioni di congiuntura internazionale, ma soprattutto di masochismo interno.
Anche il governo Monti vive dentro una bolla che prescinde dalla realtà: infatti, mentre il presidente del Consiglio registra i più grandi successi mediatici - dalla copertina del Time, alla televisione che racconta straordinarie storie di successo della sua azione di governo, agli applausi scroscianti nel Parlamento europeo - tutti gli indici macroeconomici hanno nel contempo segno negativo, il Paese subisce tre declassamenti in un mese, 34 banche si vedono tagliare il rating, siamo in recessione e l’outlook rimane negativo. Anche lo spread continua a viaggiare su valori alti, in media nei primi 100 giorni di Monti superiori di circa 90 punti base rispetto a quelli del precedente governo (nei suoi ultimi 100 giorni di passione). In questo caso, però, la bolla mediatica non riesce a prendere in giro la realtà.
E la spiegazione è presto detta: l’attività dell’esecutivo Monti è in stallo. Nei primi cento giorni solo un decreto, tutto tasse e la sola riforma delle pensioni (rectius: l’ultimo miglio della riforma delle pensioni), è stato convertito in legge dal Parlamento; un secondo decreto timido timido, che dovrebbe liberalizzare il mercato interno, ma che non contiene la parola liberalizzazioni neanche nel titolo, è nel pantano; il terzo decreto sulle semplificazioni, invece, non ha iniziato neppure il proprio iter in Parlamento, dopo due false partenze; la riforma del mercato del lavoro, infine, è ancora nella mente degli dei (tra tavoli e tabù).
Urge, dunque, una doppia operazione verità: svelare la stucchevole perversione della bolla negativa del passato, per cominciare a muoversi, oggi, con i piedi per terra, in un parallelo sentiero virtuoso che si basi sui fatti. Il rischio, in caso contrario? Un tragico risveglio all’insegna del «si stava meglio quando si stava peggio». Il più consapevole di tutti è proprio Monti che, con la scelta di non candidare Roma alle Olimpiadi del 2020, ha dimostrato, da economista, di conoscere come stanno le cose. Senza farsi condizionare dalla bolla in cui pur è immerso.
La realtà non fa sconti: c’è la recessione (due trimestri consecutivi con il segno meno del pil), e in peggioramento; nessun protagonismo dell’Italia in Europa (contro l’asse Sarkozy-Merkel); totale mancanza di iniziativa del governo per intaccare il debito e per fare sviluppo.
Morale.
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