Bollettini e lettere «minatorie» Ecco come difendersi dalla Rai

Anno nuovo, problemi vecchi. Agli italiani che avevano deciso di dire «basta» al canone Rai seguendo le indicazioni del Giornale è arrivato il bollettino dell’Urar tv da 109 euro. Una beffa, una «minaccia» o semplicemente due uffici (Abbonamenti e Disdette) che non si parlano? Mah. In attesa di risolvere il dubbio, gli utenti non sanno che cosa fare. Pagare o non pagare?
La legge è chiara: «La disdetta con richiesta di suggellamento degli apparecchi, se presentata entro il 31 dicembre, dispensa dal pagamento del canone dal 1° gennaio dell’anno successivo». Se uno ha disdetto un contratto seguendo la norma prevista, nessuno può obbligare alcuno a sottoscriverlo nuovamente. I ritardatari che in queste ore o nei prossimi giorni volessero disdire il canone saranno costretti invece a pagarne la metà, fino al 30 giugno. Tutto chiaro? Sì? E invece no.
Nella disdetta bisognava anche allegare euro 5,16 «per ogni apparecchio televisivo da suggellare». E qui cominciano le note dolenti: chi ha mandato la raccomandata di disdetta e il vaglia, a distanza di pochi giorni, ha ricevuto una missiva dall’Agenzia delle entrate, nella quale veniva richiesta la compilazione di un modulo contenente dati anagrafici e numero di televisori da suggellare da rispedire entro 15 giorni. Una lettera che l’Aduc ha definito «minatoria», chiedendo alla Procura di Torino di aprire un’indagine. La legge che regola il pagamento del canone (datata 1938... ) stabilisce che «il questionario va restituito debitamente compilato ai fini di una corretta e completa definizione della pratica di annullamento». Perfetto. Peccato che la lettera sia stata spedita per posta «ordinaria», non raccomandata. E che dunque stabilire un giorno dal quale far decorrere le due settimane di tempo è impossibile. Molti utenti hanno detto al Giornale di aver disdetto il canone ma di non averla mai ricevuta. Dimostrare il contrario, da parte della Rai, appare arduo. E dunque è lecito pensare, in punta di diritto, che la pratica di disdetta del canone sia andata comunque a buon fine. Lo dice la legge: «La disdetta con richiesta di suggellamento».
Ma a rigor di logica, dunque, il tanto famigerato «suggellamento» della tv che fine fa? Se è vero, come sostengono i legali delle associazioni dei consumatori contattati dal Giornale, che nessuno suggella più i televisori dagli anni Settanta, la disdetta è efficace anche se la tv non viene infilata in un sacco di iuta? Anche in questo caso la risposta è sì.

E a chi riceve la sgradita sorpresa del bollettino nonostante la disdetta? Il consiglio dei legali è semplice: bisogna rispondere alla Rai, con una raccomandata, allegando la disdetta e chiedendo, ai sensi della legge sulla privacy, di togliere il proprio nominativo dall’elenco a disposizione della Rai. Una mossa che può servire anche a evitare dolorosi strascichi giudiziari come una cartella esattoriale.
felice.manti@ilgiornale.it

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